Pubblicato il 29/04/2016, 19:34 | Scritto da Gabriele Gambini

Andrea Bosca: Farò innamorare Vanessa Incontrada, ve lo assicuro

Andrea Bosca: Farò innamorare Vanessa Incontrada, ve lo assicuro
Il ruolo nella fiction "Non dirlo al mio capo", i progetti per il futuro, ma anche il privato e il desiderio di diventare padre. TvZoom ha incontrato l'attore piemontese, che si è raccontato a tutto tondo.

Dice l’attore della fiction Non dirlo al mio capo: “Il mio personaggio si innamora di Lisa e vuole costruire qualcosa con lei. Anch’io nel mio privato sto pensando a costruire qualcosa di importante con la mia fidanzata”.

 

C’è il guizzo predatorio dell’imprevisto, nell’incontro tra Lisa e il professor Fabrizio Del Corso, nella fiction Non dirlo al mio capo (prodotta da Lux Vide, ogni giovedì in prima serata su Rai 1). Lei, che ha il volto di Vanessa Incontrada, vedova, madre di famiglia, in bilico tra realizzazione professionale e suggestioni emotive, deve barcamenarsi nella realtà odierna, quasi mai indulgente nei confronti di una donna che cerca la carriera senza trascurare i figli. Finge di essere single e indipendente per farsi assumere nello studio del cinico avvocato Enrico (Lino Guanciale), ma potrebbe trovare in Del Corso l’uomo che, nomen omen, il corso degli eventi all’interno del suo cuore è destinato a cambiarlo davvero. «È un professore di indole semplice ma risoluta, non ha figli, Lisa pioverà nella sua vita letteralmente dal cielo: guardando la terza puntata, capirete perché», dice Andrea Bosca, volto noto del pubblico tra cinema (Si può fare!, Gli sfiorati, Pasolini), tv (Zodiaco, L’olimpiade nascosta, La dama velata, A testa alta) e teatro. «È pronto a dare a Lisa ciò di cui ha bisogno, prendendosi cura di lei, coltivando un rapporto con i suoi figli. Il contraltare ideale di Enrico. Mi sono immedesimato nel personaggio con facilità».

Andrea, si è immedesimato nel personaggio perché ogni tanto pensa anche lei di farsi una famiglia?

Ho trentacinque anni, sono felicemente fidanzato. Comincio a entrare nell’età in cui ci si aspetta una svolta nella propria sfera privata.

Dunque l’idea di una famiglia, la coltiva.

Non mi voglio nascondere. La famiglia incarna valori positivi, uomini e donne all’interno di essa si completano e trovano uno scopo. Un tempo ci si sposava subito, poi si pensava alla propria realizzazione personale. Oggi è diverso, si procede per il verso opposto. Ma ci si pensa.

Che padre sarebbe?

Un buon padre. Ho fatto tante esperienze da attore e credo che i personaggi interpretati ci appartengano per sempre e da essi si possa imparare. Un attore è chiamato ad avere una soglia d’ascolto elevata su ciò che lo circonda. I miei figli li immagino con fattezze simili alle mie e a quelle della mia compagna, ma con personalità nuove, del tutto autonome. E io non sarò mai un padre che condizionerà troppo le loro scelte. Cercherò di trasmettere una serenità di base e dei valori condivisi, poi li lascerò liberi di decidere ciò che penseranno sia giusto per la loro vita. Aiutandoli a governare i contropensieri, le indecisioni che possono minare le scelte decisive per il proprio futuro.

A lei è capitato così?

Io ho scelto una professione non semplice, all’inizio molto precaria. I miei genitori non ne erano entusiasti. Ma oggi, mia madre, mio padre e mia sorella sono i miei primi fan e consiglieri.

Non dirlo al mio capo parla anche di questo. E affronta un tema difficile, quello dell’essere madre e donna in carriera a un tempo.

Non è facile. Lo vedo anche nel mondo dello spettacolo. Poche sono le attrici, penso alla mia amica Anna Foglietta, che hanno saputo conciliare i due ruoli senza perdere importanti occasioni.

Spesso, per poterlo fare, avere un compagno capace di intercettare le tue corde emotive, diventa determinante. A Lisa, nella fiction, potrebbe accadere grazie al suo personaggio.

Fabrizio è risoluto, sa quello che vuole. Fa il professore, pratica il free climbing. Si innamora di Lisa, decide di mettersi in gioco per lei, una donna ricca di complessità e con molti problemi. Anche lui, beninteso, vive le sue difficoltà del quotidiano. Ma cerca di non drammatizzarle. Prova a gestirle. E instaura un rapporto solido coi figli di Lisa, entra nel suo privato con delicatezza. Cosa che non riesce a fare Enrico, di cui Fabrizio è il contraltare ideale.

Dunque il suo personaggio pratica free climbing?

Mi sono esercitato sulla parete per tre mesi, accanto a veri professionisti. Ho scoperto un’attività meravigliosa. Ho sofferto, mi sono infortunato, particolare che si vedrà in qualche scena e aggiungerà un ingrediente veristico di sicura efficacia. Senza retorica, col free climbing soffri, fai fatica, all’inizio hai paura. Poi impari a lasciarti governare dal tuo corpo, ad assecondarlo e ad ascoltarlo. Credetemi, è la metafora perfetta del mestiere di attore.

Come ha funzionato sul set l’interazione con Vanessa Incontrada?

Non avevamo mai lavorato assieme. Lei è una persona di cuore, non usa maschere. Così come la si vede, è. Non è un particolare da poco. Siamo entrati in sintonia. Merito anche di Giulio Manfredonia, regista con cui ho lavorato spesso in passato e di cui ho imparato a fidarmi. Ci tengo molto a partecipare ai suoi progetti, perché sa leggere nel cuore delle rappresentazioni e sa tirar fuori il meglio dagli attori. Senza piaggeria: a ogni sua chiamata, risponderò sempre positivamente.

Che cosa l’ha colpita, di questo ruolo?

Venivo da esperienze di fiction dove avevo interpretato il ruolo dell’antagonista con tratti oscuri. Qui posso mostrare sfumature diverse, emozioni positive. Mettermi al servizio di una sfida con complessità nuove.

Il “cattivo”, però, è sempre stimolante, per un attore.

Lo è perché consente di dar sfogo a pulsioni che nella vita reale sei costretto a nascondere. Credo però che la distinzione tra “buono” e “cattivo” sia una semplificazione manichea. I personaggi non dovrebbero mai essere bidimensionali. Dietro a ogni azione ci sono delle sfaccettature psicologiche. Spesso, un “cattivo” in senso classico è un individuo che porta su di sé delle ferite e il compito dell’attore è renderle tangibili al pubblico. Così ho tentato di fare in passato. Ma a me piace cambiare, non potrei vivere di stereotipi reiterati.

Dunque la lunga serialità, che incastona un attore in un ruolo fisso per lungo tempo, non farebbe per lei.

Ho fatto le mie scelte assecondando sempre intenzioni qualitative. Poi, certo, se arrivasse un ruolo in una lunga serialità come Breaking Bad, chi direbbe di no? (ride, ndr).

La lunga serialità americana come modello da seguire anche per gli attori italiani?

Al di là dei discorsi di budget, negli USA c’è molto coraggio nell’osare con copioni inediti e arditi. Un’influenza positiva anche sulle nuove generazioni italiane. Pensiamo a Gomorra, o alla nuova onda del cinema italiano: Santamaria e Marinelli in Lo chiamavani Jeeg Robot, Matteo Rovere con Veloce come il vento. Si sta cogliendo l’importanza di storie che parlino al mondo. Senza omologarsi a uno stile. Ma che conservino un cuore universale, riconoscibile in Italia come in qualunque altro luogo. Questo accade quando c’è una contaminazione proficua tra produzione, scrittura, recitazione e regia. Un film o una serie tv diventano importanti quando hanno una completezza progettuale.

E la fiction sulle generaliste?

La più bella conquista di Non dirlo al mio capo sta proprio nella sua riconoscibilità e nel suo essere contemporanea. C’è un impianto comedy, ma c’è anche una protagonista vittima di dissociazioni mentali micidiali. Una donna complessa con cui il pubblico fa i conti, identificandosi. Abbiamo cercato di scavare nel profondo di alcune emozioni. Di solito, si scava per tirare fuori qualcosa. Quel qualcosa, è ciò che vedono gli spettatori. Accade così, nell’arte, nello sport, in qualunque prestazione: ci si prepara, si fatica per lungo tempo, e si mostra al pubblico il risultato finale.

L’impianto fiction delle generaliste, però, prevede soluzioni anche consolatorie.

Non sono d’accordo. Il pubblico non vuole essere consolato. Intrattenuto, quello sì, e nelle generaliste la portata di entertainment è marcata. Ma in questo caso, non a scapito della qualità.

Ora per lei che cosa accadrà?

Sarò al cinema con Nemiche per la pelle, a fianco di Margherita Buy. In autunno, tornerò alla fiction Rai con C’era una volta studio 1. Poi, attenderò nuove prove. Come ho detto, mi piace mettermi in gioco con ruoli inediti. Spero ne arrivi uno davvero stimolante per il grande schermo.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Andrea Bosca con Vanessa Incontrada)