Pubblicato il 24/01/2016, 12:18 | Scritto da La Redazione

Il “Rischiatutto” di Fazio anche in prima serata su Rai 1 – Sabina Ciuffini: “Fazio non potrà sostituire Mike Bongiorno”

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 37, di Renato Franco.

Il “Rischiatutto” di Fazio anche in prima serata su Rai 1

La signora Longari (la battuta-gaffe «mi è caduta sull’uccello» è nella memoria collettiva ma è una leggenda metropolitana), Sabina Ciuffini (la prima valletta parlante della tv), Andrea Fabbricatore (si portò a casa 25 milioni di lire, una delle vincite più alte di tutti i tempi). Dovrebbero esserci tutti. Certo manca Mike Bongiorno, ma Fabio Fazio (insieme nella foto nel promo della Rai) se vuole sa imitarlo benissimo. Il progetto di Rischiatutto prende la sua forma definitiva: quanto a ospiti i lavori sono ancora in corso, ma si farà di tutto per avere i volti simbolo di quell’epopea televisiva, il contorno invece è stato ormai definito. Domenica 14 febbraio nel corso di Che tempo che fa Fabio Fazio lancerà la striscia quotidiana in onda dal giorno successivo sempre su Rai 3, alle 20.30. Dieci minuti in cui gli spettatori vedranno i provini dei quiz e un modo per conoscere alcune delle 1.600 persone che hanno inviato la loro candidatura. La striscia accompagnerà il pubblico fino alle due prime serate del 21 e 22 aprile, in onda invece su Rai 1. In autunno poi Rischiatutto tornerà (si ragiona su 10 puntate) in prima serata su Rai 3.

Insomma la Rai a partire dal direttore generale Antonio Campo Dall’Orto crede e punta molto su questo Rischiatutto 2.0, raccontandolo a chi non c’era e ricordandolo a chi lo ha amato. Il Quiz (quello vero, quello in cui devi essere preparato, quello in cui non hai scelte) torna a 42 anni dalla chiusura di quello condotto da Mike, quattro stagioni che hanno parlato all’immaginario del Paese (l’anno di maggior successo, il 1972, ebbe una media di 22 milioni di telespettatori con una punta di quasi 32 milioni nella finale). La Rai ci crede a tal punto da spalmarlo su due stagioni televisive (quella in corso e quella prossima, in autunno) e su due reti (Rai 1 e Rai 3, appunto). Per la Rai da un lato è un progetto su cui c’è un forte investimento di immagine, ma dall’altro rappresenta anche un approccio nuovo. La sinergia tra le reti rientra nella nuova filosofia che la tv di Stato vuole inaugurare: al di là della specificità di ogni canale e delle differenze di target che ogni rete deve intercettare, la Rai intende cambiare modo di porsi e ragionare come un’unica entità. In questo senso va letto il passaggio di testimone tra reti.

Questa collaborazione serve proprio a dare più forza al prodotto: una bagno «popolare» su Rai 1 che ha un bacino di pubblico più ampio di Rai 3 per cercare di pescare nuovi potenziali spettatori. E in questo senso è emblematico che si parta con Rischiatutto, un programma patrimonio della tv pubblica e del costume italiano, ma che vuole guardare anche al futuro nelle sue declinazioni multipiattaforma. Il progetto infatti vede coinvolta anche la nuova Direzione Digital che si occupa di sviluppare i contenuti sulle nuove piattaforme di fruizione, dai device mobili alle smart tv.

 

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 20, di Malcom Pagani.

Sabina Ciuffini: “‘Rischiatutto’ era un’opera d’arte, Fazio non potrà sostituire Mike Bongiorno”

L’ex valletta: “Hanno rinviato il remake, mi sembra sensato. Meglio pensarci bene. Fazio era timoroso, Mike era il sole”.

Introduzione: “Devo dire che ho trovato una vallettina molto graziosa, si chiama Sabina, facciamole un applauso di incoraggiamento perché è ovvio che una ragazza così giovane sia emozionata. Sabina ha tante qualità ed è molto studiosa”. Timido interludio: “Frequento il primo anno della Facoltà di Filosofia”. Entusiasmo, il timbro esistenziale di Mike Bongiorno: “Il primo anno di Filosofia! Ci pensate? Una valletta filosofa! Sono cambiati i tempi”. Cinque febbraio 1970, prima puntata di Rischiatutto, 46 anni fa: “Mike mi fermò davanti al mio liceo, il Giulio Cesare di Roma: `Verrebbe a fare un provino per un nuovo programma?’. Mostrai un trasporto siberiano. Le diciottenni di allora, me compresa, stavano tutte in piazza e anche se correvo al Piper ad ascoltare Patty Pravo, indossavo la minigonna e la politica, molto dibattuta in famiglia, non è che mi interessasse troppo, consideravo la Tv una cosa bassissima. Mike allora disse la parola magica: ‘Stipendio’ e io cambiai immediatamente prospettiva. Mi stava offrendo denaro. Quello che a casa mia, dove pure erano molto progressisti, marcava il confine tra autonomia e dipendenza: ‘Dovete mantenervi da soli’, dicevano a noi fratelli i nostri genitori e da sola, grazie a Rischiatutto, iniziai a mantenermi”.

Archiviati i mestieri temporanei: “Facevo la babysitter”, Sabina Ciuffini precipitò in uno show di domande, risposte, cronometri e cuffie sulla testa che come all’epoca di Lascia o raddoppia? coinvolse decine di milioni di spettatori. Trenta per la sola finale del 1972. Mezzo Paese. “Ho milioni di parenti acquisiti e ancora mi fermano per strada perché anche grazie all’invenzione delle Teche, Rischiatutto non è mai morto. Negli ultimi vent’anni la Rai ha continuato a mandare in onda senza soluzione di continuità il proprio passato. Gli abbonati sanno che quel quiz è esistito”. La prevista resurrezione di Rischiatutto su Rai 3 annunciata per febbraio con Fabio Fazio nel ruolo di Bongiorno pareva costringere Ciuffini, splendore inalterato e maturità da imprenditrice alberghiera, all’amarcord: “Sembrava, ma credo l’abbiano rimandato al prossimo autunno e mi sembra un’idea sensata. Stanno ragionando. Cercano di non sciupare un’opera d’arte”. Gli autori l’hanno consultata. Le sono stati chiesti “suggerimenti, ricordi e impressioni”.

Sabina aveva 19 anni. Rischierebbe ancora, con o senza notai a certificare le risposte: “Se non altro per aver conosciuto Mike. Abbiamo continuato a chiedergli per decenni se avesse pronunciato davvero la battuta ornitologica sulla signora Longari e ci siamo dimenticati di domandargli cose più interessanti. E stato uno straordinario testimone, Bongiorno. Un osservatore acutissimo”.

Lei lo incontrò nel 1969.

La gioventù è stata inventata nel ’68. Fino al ’67, al mio compagno di classe che osava mettersi i jeans al posto dei pantaloni, il padre infilava la testa nel cesso e tirava la catena.

A casa sua non erano così retrogradi.

Per niente, ma erano ideologici. Di destra il padre di mia madre, Guglielmo Giannini, l’inventore del Fronte dell’Uomo Qualunque. Di sinistra i miei genitori. Persone benestanti che pensavano, in buona compagnia, che ai figli non andasse data una lira. Era pedagogia. Io mi diedi in fretta attraverso una via di fuga un po’ speciale. Scelsi la tv. Ai provini arrivammo in cinque. Presero me. Per mio padre accettarlo fu complicato.

Decisero i soldi?

Decise lo stipendio. Rischiatutto era una vera opportunità. Avrei dovuto ballare per tre mesi e ci trovammo a danzare per cinque anni. Non ero stupida, ma diventare famosa all’improvviso mi fece deragliare.

Rischiatutto, in onda sul secondo canale della Rai, superava regolarmente i 25 milioni di spettatori.

E se osava andare sotto la media, i dirigenti ce ne sono stati di grandi convocavano Mike per sgridarlo. Io ero una ragazza semplice. Andavo ancora in giro con la comitiva. Incredula di guadagnare tanto per mezza giornata di lavoro alla settimana, sperperai le prime paghe con le amiche in infantile incoscienza. Poi iniziai a fare i conti. Con l’economia di base e con la popolarità.

Sarebbe durata a lungo.

Mike mi disse di prepararmi: ‘Ci ho messo due anni a convincere la Rai, andremo avanti per tanto tempo. Sei chiamata a una scelta. Non hai studiato Filosofia? Allora trova una spiegazione filosofica per quel che ti aspetta e preparati a convivere con l’idea di essere riconosciuta a ogni angolo’.

Accadeva?

All’esame di Sociologia, mi accompagnò in aula una festosa processione. La gente gridava in coro: ‘Viva i pensieri di Mike Bongiorno’.

Teatro dell’assurdo.

Vivevo il contrasto tra il delirio collettivo e l’indifferenza di casa mia. In famiglia il Rischiatutto non si è mai visto. Mia mamma diceva: ‘Do un’occhiata al vestito di Sabina’ e poi spegneva la Tv.

“Il vestito di Sabina” spesso era la minigonna. Dopo le Kessler, lei.

Le diciottenni nel ’68 ottennero una straordinaria vittoria sul campo senza combattere. Le sorelle maggiori costrette alla tuta, al ciclostile, a lavori usuranti e noi, le minori, passate dalla gonna a piega alla minigonna senza essere inseguite da nessuna frusta. In sei mesi cambiò il costume e ne beneficiammo gratis.

Con che conseguenze?

Improvvisamente le ninfette, cioè noi, divennero oggetto del desiderio. Ma in fondo eravamo state tirate su dalle nostre madri, quindi d’accordo la minigonna, d’accordo i costumi liberi, d’accordo tutto, ma non covavamo fantasie promiscue e avevamo in mente solo il sesso legato all’amore. La grande rivoluzione romantica era quella. Fare l’amore con chi amavamo. E se proprio non si poteva o non si voleva, o ancora si decideva a tavolino di sistemarsi per la vita, il prezzo del calcolo era molto caro. Oggi la consumazione è gratuita e vedo fior di ragazze svendere il proprio tesoro più prezioso.

“Bastava niente disse per essere considerata una puttana”…

Nella vita privata mi imposi qualche sacrificio. Dovevo essere abile, rispettare la personalità che piaceva al pubblico e affrontare l’opposizione, il pregiudizio culturale della mia famiglia. Vivere la giovinezza fu difficile. Il Rischiatutto era solo una parte della storia. Il resto erano le serate in giro per l’Italia. Piazze da 40 mila persone da tenere a bada da Nord a Sud. I trucchi per cavarmela me li insegnò Mike. Quando ci incontrammo avevamo circa 25 anni di differenza. Un divario che mi parve enorme e che lui colmò con i consigli. Si mise in testa che dovessi imparare. ‘Ne varrà la pena’, pensava.

Che trucchi le insegnò Bongiorno?

Il primo e il più fondamentale: ‘Se in video appaiono Mike Bongiorno, il campione di Rischiatutto e in mezzo a loro una donna, sappi che gli occhi dello spettatore andranno sempre su di lei’.

La donna era lei.

E di apparire non mi fregava niente. Ero molto ligia alla missione, quasi calvinista, interessata soprattutto alla mia paghetta. Mike dettava il proprio decalogo. Non bisognava mai alzare la voce, mai fare una scenata, mai fare qualcosa che turbasse il pubblico. Bongiorno aveva un’intelligenza vivace e la rara capacità di trovare un’alchimia tra i collaboratori.

Lei rappresentò la prima valletta con “diritto”‘ di parola.

La prima che non apriva la bocca soltanto per leggere un numero. La dialettica era tenue, ma se serviva, se Mike diceva una cosa assurda, avevo gli strumenti per replicare e farmi poi rispondere a mia volta. Sono sicura che ogni tanto Bongiorno lo facesse apposta. Strapazzarmi e attirare sulle sue larghe spalle qualche critica era parte del gioco. Arrivavano centinaia di lettere indignate: ‘Egregio conduttore, lasci stare la ragazza’. Lui sorrideva. Era molto meno ingenuo di me.

“Non occorre fare alcuno sforzo per capirlo”, scriveva Eco nella severa fenomenologia che lo aveva fatto soffrire e che secondo la leggenda Bongiorno le mostrava nei camerini ripetendole: “Vedi? Qui c’è il segreto del nostro successo”.

Bongiorno aveva le idee chiare. Era al corrente delle strategie industriali e ne parlava apertamente. Aveva un’idea precisa delle dinamiche in atto e del ruolo del mezzo per cui lavorava: ‘Bisogna produrre 5 milioni di Tv a colori’, diceva. ‘Andremo a Milano e faremo lavorare centinaia di operai’. E ancora: ‘Se fossimo in America saremmo ricchi’. Non dico che Mike fosse di sinistra però possedeva l’etica del lavoro che hanno solo i pionieri ed era in assoluta buona fede. Era capace di parlare con trasporto del padre di Veltroni e di sedersi al tavolo con Berlusconi senza sentirsi incoerente. Al primo incontro con Silvio, Mike portò anche me.

Lei raccontò che Berlusconi, certo di conquistarla, scommise 10 milioni di lire.

Non mi pare. Ricordo però che dopo un annetto, senza alcuna spiegazione, Mike mi avvicinò per dirmi che l’avventura era finita: ‘Sabina, tesoro, credo che questo non sia più il posto giusto per te’. Non soffrii. Dopo l’overdose, la pausa fu una benedizione.

Del suo unico ruolo da protagonista al cinema in Oh, mia bella matrigna di Guido Leoni cosa ricorda?

La mia superficialità. Nel cast c’era Maurice Ronet, il protagonista di Ascensore per il patibolo di Malle e io confusi Leoni con un altro regista. Accettai. Esperienza non memorabile.

Si è mai pentita di qualcosa?

Certo. Di quel film come della copertina di Playboy. A mia figlia Ilaria che mi somiglia tantissimo e che mi dice: ‘Voi siete stati fortunati’, spiego che in realtà non si trattò poi di chissà quale trionfo. Con la Tv entrai in un meccanismo difficile da gestire. Appena provavo a riemergere venivo rigettata a fondo. Ero diventata un gadget da esporre nei salotti. ‘C’è Sabina di Rischiatutto`, dicevano. E gli intellettuali non dimostravano nessuna curiosità che superasse l’idea che avevano di me. Il sorriso corrispondeva, la maschera anche. Altro non si chiedevano.

Torniamo alla copertina di Playboy?

Un imbroglio assurdo. Paolo Mosca mi mandò sotto un grande fotografo di allora, Pietro Pascuttini, e mi fece posare in abiti da sposa. Poco dopo mi propose un altro incontro con Pascuttini per Tempo Illustrato il cui fine ultimo giurava era mostrare al pubblico ‘come la ragazza fosse finalmente diventata una donna’. Le foto erano per Playboy, ma Pascuttini non riuscì a scattare una sola foto utile allo scopo. Quando Mosca mi mise in copertina, gli americani minacciarono di licenziarlo. Ero troppo casta. Per me fu comunque una piccola tragedia. La presi male. Mike mi consolò: ‘È un inedito, sei la prima a mostrarsi semivestita sulla copertina di Playboy‘. Sa qual è la verità?

Qual è?

Che non sbagliare sarebbe stato impossibile. Sono stata un’autodidatta totale. Prendevo decisioni in libertà e qualche decisione si rivelò sbagliata.

Ha rimpianti?

Solo quello di essere stata troppo prudente, di essermi auto isolata, di aver avuto paura, di non essermela goduta fino in fondo. Tra una serata raminga e l’altra in giro per l’Italia in fondo poteva capitare. Rimpianto e nostalgia sono sentimenti faticosi. Meglio la memoria: ci aiuta a essere contemporanei. La domanda è sempre quella: come facciamo a essere contemporanei? Vorrei rivolgerla a Fabio Fazio.

Perché?

Perché dare una seconda vita a un programma come Rischiatutto è dura. Ti esponi a paragoni, confronti e rischi. Il Rischiatutto di Mike era una cosa precisa, quello di Fabio francamente non so.

Un paragone tra Fazio e Bongiorno è possibile?

Hanno molti punti di contatto, ma sostituire Bongiorno è impegnativo. Mike aveva un suo simbolo favorito. Il sole a mezzogiorno. Per somigliargli, Fabio dovrebbe far splendere lo stesso sole. Avere l’entusiasmo, l’apparente mancanza di spirito critico, la devozione ai contenuti, al pubblico e alle vallette. Luci che Bongiorno sapeva illuminare. Non so se Fabio riuscirà ad accenderle. Se accadrà farà bene anche a lui.

Perché?

Perché potrebbe migliorarlo.

Lei con Fazio ha diviso l’esperienza di Anima mia.

Sono sfuggita al suo controllo proprio come sono sfuggiti tutti i personaggi di un’operazione il cui risultato finale, un buon risultato, è il prodotto di un’energia corale.

Fazio era contento?

Si è lasciato coinvolgere, ma l’energia corale non gli appartiene. Credo che alla fine fosse soddisfatto, ma l’attitudine di Fabio è il controllo.

Anima mia non proseguì.

Fazio preferì varare L’ultimo Valzer. Mai nome fu più adatto. Il programma andò malissimo. Mike avrebbe rifatto Anima mia. ‘Squadra che vince diceva non si cambia’.

Che clima si respirava nei dintorni di Anima mia?

Prima e durante Anima mia, Fazio era tesissimo. Spaventato. Faceva tenerezza. Gli dissi di non preoccuparsi. Quando la trasmissione che doveva rimanere immobile e ingessata iniziò a muoversi, si rasserenò.

Che paure aveva?

Era terrorizzato dai comici. A due ore dall’esordio Abatantuono mi sequestrò al bar: `Non mi hanno detto niente e adesso tu mi dici tutto’. Io vuotai il sacco e Diego, preparato, fece una divagazione eccezionale. Penso che alla fine Fazio abbia apprezzato.

Se la chiamassero per il nuovo Rischiatutto andrebbe?

Andrei in che senso? Ho 65 anni compiuti.

Se le ritagliassero un’apparizione autoironica?

Se mi accorgerò che c’è qualcuno in grado di non uccidere una trasmissione iconica, darò tutta la mia collaborazione. Un po’ di preoccupazione, un istinto di protezione nei confronti di Mike c’è.

Che impressione le fa la Rai di oggi?

Voglio essere ottimista. Credo che la Rai possa ancora svolgere il compito a cui è stata chiamata per decenni. Quando entrai era un posto dove una ragazza poteva trovare non solo pericoli e trappole, ma anche opportunità.

Oggi?

È cambiato tutto. Negli ultimi vent’anni i migliori elementi, tutti quelli che avevano talento, sono stati spinti all’angolo e dalla tv, infine, cacciati in malo modo.

 

(Nella foto Mike Bongiorno e Sabina Ciuffini)