Pubblicato il 22/10/2015, 15:35 | Scritto da Andrea Amato
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Il giorno di Netflix: la rivoluzione non c’è, ma la loro vera forza è la capacità di produrre in tutto il mondo

Il giorno di Netflix: la rivoluzione non c’è, ma la loro vera forza è la capacità di produrre in tutto il mondo
La fine della tv lineare che oggi il fondatore della tv in streaming, Reed Hastings, ha sbandierato a Milano in conferenza stampa, in realtà la stiamo già vivendo da anni grazie alle nostre pay tv. Sulle produzioni di film e serie, invece, potranno dettare legge.

Il grande giorno dell’Apocalisse televisiva è arrivata: Netflix è sbarcato in Italia. Al momento, però, non si registrano suicidi di massa a Cologno Monzese o in Viale Mazzini. È stato talmente pompato in questi ultimi mesi, che oggi alla conferenza stampa con Reed Hastings, uno dei fondatori, e una serie di attori, tra cui anche l’italiano Pierfrancesco Favino, ho quasi provato una sensazione di insoddisfazione. Mi dicevo: con tutto quello che hanno comunicato nell’ultimo anno, arriveranno oggi al D-Day con una sorpresa incredibile, con il Sacro Graal dell’intrattenimento. E invece niente. Una conferenza stampa molto asciutta, ritmata, ma senza una vera notizia. Insomma, Netflix è quello che ci diciamo da mesi: un’ottima idea, che probabilmente segnerà il futuro dei prossimi decenni, ma che oggi si inserisce in un mercato molto affollato e a volte con un’offerta superiore, che comprende anche calcio e intrattenimento.

Reed Hastings ha esordito dicendo: «La televisione via Internet è più innovativa dell’avvento del colore. Da oggi, con il tempo, non esisteranno più canali, ma applicazioni. Da oggi inizia la fine della tv lineare». Vero, ma bisogna dire al signor Hastings che, anche se siamo un Paese al limite del terzo mondo, già da anni possiamo usufruire di questi servizi con Sky e in parte anche con Mediaset Premium. Probabilmente il fondatore di Netflix pensa che l’Italia sia solo quella di Suburra, di cui produrrà la serie con Favino. Per fortuna non è così.

«Tra dieci o vent’anni i nostri figli ci chiederanno: “Ma cosa voleva dire ‘in onda alle 20.30’”?». Tutto questo è probabile, soprattutto se ci riferiamo a prodotti come serie tv e film, ma con gli eventi live (tipo lo sport) questo non sarà possibile. E fra 10 o 20 anni i nostri figli la domenica sera aspetteranno il posticipo di Serie A alle 20.45 sul divano con gli amici. Questo è immutabile. Quindi, a parte i proclami di rivoluzione tecnologica, in Italia partita già da qualche anno, la vera novità di Netflix è la forza di produrre prodotti di storytelling a livello globale: cinema e serie. Con quasi 60 milioni di abbonati in 50 Paesi del mondo, che entro il 2016 raddoppieranno, la vera forza della tv in streaming è la capacità produttiva che nessun altro editore ha in questo momento. Non a caso quest’anno ha realizzato 20 titoli, che diventeranno 30 l’anno prossimo, più altrettanti contenuti kids. Questo vuol dire poter intercettare in tutto il mondo storie e registi su cui investire.

Su quelli che poi sono gli obiettivi, Hastings è molto chiaro: «Il primo anno vogliamo creare felicità nell’audience, abituandola a un nuovo modo di fruire la tv. Poi cercheremo di arrivare a un terzo dei nuclei familiari italiani come abbonati. Negli Usa ci abbiamo messo sette anni». In Italia, più o meno, si tratta di 5 milioni di famiglie, circa il numero di clienti Sky. «Siamo nell’età dell’oro della tv: negli Usa nel 2013 sono state prodotti 200 titoli, quest’anno siamo a 400. Google e Amazon stanno entrando nel mercato, nulla sarà più come prima». E il tutto a 7,99 euro al mese, come alla Lidl.

 

twitter@AndreaAAmato

 

(Nell’immagine la schermata della piattaforma Netflix)