Pubblicato il 13/10/2015, 13:34 | Scritto da La Redazione

Quelli bruciati, gli aspiranti e i papabili. Ahi che dolor le direzioni Rai – Canone Rai, arriva un’altra ipotesi

Quelli bruciati, gli aspiranti e i papabili. Ahi che dolor le direzioni Rai – Canone Rai, arriva un’altra ipotesi
Sul “Foglio” confessioni semiserie sul circo alla corte di Campo Dall'Orto. Intanto un’altra ipotesi per pagare la tassa sulla tv: la prima metà col vecchio sistema, la seconda con la bolletta.

Rassegna stampa: Il Foglio, pagina 2, di Anonimo Rai.

Quelli bruciati, gli aspiranti e i papabili. Ahi che dolor le direzioni Rai

Confessioni semiserie sul circo alla corte di Campo Dall’Orto.

Passano gli anni, passano le direzioni generali, le direzioni di rete, e io ancora mi stupisco. Mi stupisco di come ogni volta li facciano fessi, di come li distraggano con cose tipo quella di Anzaldi e dell’editto. Oh, sveglia! La partita (la più gustosa, la più croccante, la più sadica per noi che ci godiamo lo spettacolo e tanto ci saremo sempre) è un’altra. Più che un’altra è la solita: il conclave a cielo aperto per le direzioni, l’autosputtanamento alla luce del sole di tutti quelli e ovviamente il 99 per cento sono giornalisti che cercano un posto. Anche a ‘sto giro avviene, è lì, eppure tutti a guardare il dito e non la luna, tutti a correre dietro allo schiamazzo. Macchè. Questo Anzaldi, poi, state ancora a stupirvi: ma dai, ce n’è sempre uno a giro, non devo spiegare io che cos’è la Commissione di vigilanza. Ogni stagione ha il suo: prima c’era, come si chiamava, Butti, quello che voleva mettere due conduttori a talk, uno per parte politica. Ora se cerchi su Google uno dei primi risultati è «Butti contro la ex: ha cercato di rovinarmi» e ho detto tutto. Anzaldi va bene che ha un’altra storia, però finirà pure lui col regazzino sulle ginocchia e il libro di cartone con gli articoli incollati: «Vedi? C’è stato un tempo in cui a nonno facevano le paginate sui giornali». La notizia non è lì.

Io, che modestamente me ne intendo e ho una certa esperienza, i giornali li so leggere. Si è cominciato quest’estate, subito dopo la notizia della nomina di Campo Dall’Orto nostro, che Dio lo abbia in gloria: e lì, quando di solito sono sotto l’ombrellone, inizio a divertirmi. I primi io li chiamo «quelli delle landing ships», le navi che venivano usate dagli americani per le operazioni di sbarco, tipo nella prima parte di Salvate il Soldato Ryan, quelle col portellone che si apriva una volta arrivati sulla spiaggia. Sono eroi a loro insaputa, e soprattutto loro malgrado: sono i primi a cadere sotto i colpi del fuoco nemico, non riescono neanche a dire «ah» che una mitragliatrice dietro una duna li ha già fatti secchi. Sono i primi a finire sui giornali: «alla direzione del Tg3 ci va tizio», e se me lo scrivono il 13 agosto io so già che non è vero, che è un candidato dato in pasto ai pescecani, che non sarà mai così. A volte mi dispiace pure: sono lì sotto l’ombrellone e leggo il nome di uno che conosco e mi dico: «Nooo, l’hanno bruciato subito, che sfiga, lui era bravo, peccato».

Ovviamente sulle landing ships mica ci salgono loro, ce li buttano: i loro nemici, qualche collega stronzo invidioso, qualche collega che non sa cosa scrivere e inventa: sta lì in redazione, magari gli hanno detto solo due papabili per Tg2 e Rai1 così gli altri se li inventa: «Scriviamo che a Rai 2 ci va tal dei tali, così lo inculiamo», ah ah ah, risate in redazione e quello, che nemmeno lo sa, che magari si stava preparando una strategia sua, si ritrova con l’elmetto sulla landig ship pronto a essere falcidiato dalla mitraglia nemica. Se ti salvi dagli sbarchi agostani, però, allora puoi giocartela. Prima mossa: smessaggia a bestia, ma neanche devi esagerare. Campo Dall’Orto nostro, dio lo abbia in gloria, ha assunto un programmista regista schiavo che sta rispondendo al suo posto a tutti i messaggi che gli sono arrivati ad agosto: d’altronde lui veniva già dalla tv, il suo numero ce l’avevano un milione di persone, pare che il programmista regista schiavo entro Natale finisca, almeno con i più importanti.

Una volta che ti sei posizionato col nuovo dg, procedendo lateralmente per costruire le condizioni finalizzate a un incontro, possibilmente non troppo in là, che sai mai voglia decidere in fretta, devi trovare le sponde. E che fa l’aspirante direttore Rai? Dove mai le troverà queste benedette sponde? Secondo voi? Ecco che le foto Instragram e Twitter delle vacanze di Filippo Sensi (sì, l’aspirante non è come me: lui su Instagram e Twitter c’è da sempre, aspiranti d’altronde non ci si improvvisa), quando finalmente quello se n’è andato per i fatti suoi e non dietro a Renzi, si riempiono di cuoricini e di stelline. E io da sotto l’ombrellone chiedo al figlio dei vicini: «Cerca Nomfup e leggimi i nomi delle stelline», quello mi prende un po’ per matto ma poi lo fa, e mentre sciorina decine di nomi intanto io tra me e me commento: «Ma pensa te! Ma anche quello! Nooo, non ci credo». Una volta sì che era facile: ti prendevi il tuo bell’appuntamento, te ne andavi (o ti facevi trovare) a Capalbio, se avevi sfiga in Sardegna e se avevi culo a Fregene, si chiacchierava, ci si proponeva, le mogli diventavano amiche, e così un aspirante si costruiva il suo bel percorso. Passava le giornate estive a camminare in costume sulla battigia col telefono all’orecchio, oppure sul ponte della barca, e ci provava. Che poi mica tutti vincevano, ovvio, ma almeno c’era anche una certa dignità (no, vabbè, dignità non è la parola giusta, mi rendo conto), una certa solennità, c’erano dei riti.

Ora invece con questi sono cazzi. Sensi è andato in vacanza in Irlanda, la Boschi addirittura a Formentera. E io me la ridevo, perché mi immaginavo la fatica doppia, perché dire «ce la facciamo una pinta di Guinness?» a 2.500 chilometri di distanza non è come dire «Ma dai! Ho preso anch’io l’ombrellone all’Ultima Spiaggia». Mettiamo, poi, che abbia evitato lo sbarco, e che sia pure riuscito a incontrare qualcuno che conta per proporsi e farsi avanti (e quindi a fare il determinante upgrade da aspirante a veramente papabile): a quel punto manca un passo fatale, dove spesso anche i più esperti cadono: l’uscita. Per uscire senza mai, e dico mai, ammettere, solo facendo intendere ci sono strategie diverse, e anche i miei colleghi veterani sono in disaccordo su quale sia la più efficace.

La prima è l’editoriale (chi aspira a una direzione come minimo è editorialista, sennò che aspirante pulciaro è, no?). Ti faccio un bell’editoriale che dice, con qualche avverbio in più e meglio se anche una citazione colta, le stesse identiche cose che ha detto Renzi sulla Rai e sulla tv. Questi sono proprio sfacciati e secondo me sbagliano. Meglio, piuttosto, l’editoriale vedo non vedo: ti dico sì quello che vuoi, ma anche un po’ no. L’editoriale vedo non vedo si regge sull’assunto psicologico del «Se scrivo proprio le cose che dice Lui può pensare che sono un servo. Così mi stacco un po’, così mi pensa originale, con la personalità». Che è un po’ come il portiere con il rigorista: «Lui li tira sempre a destra ma sa che lo so così lo tirerà a sinistra. Però sa che lo so e…». Infine l’editoriale intellò: parto con una strategia, faccio vedere che ne so, apro scenari, pavento rivoluzioni, reti in vendita: così che lo sprovveduto che legge possa pensare «ammazza!» e invece non vuol dire un cazzo, però fa tanta scena. C’è poi una quarta via (che però non c’entra niente con la Quarta Internazionale): mi mimetizzo.

Dirigo un giornale? La Rai solo nelle brevi o nei colonnini. Sono editorialista? Scrivo solo di altro. Dirigo già in tv? Spiego a tutti che se ne parlano gli metto quattro blocchi pubblicitari in più. I più audaci, veri maschi alpha, rilasciano interviste. Per rilasciare interviste devi avere il physique du role. Tipo: apro il Corriere e trovo Mannoni che esordisce: «E che le devo raccontare?». Sbam! Sgamato alla prima riga. Non mi serve nemmeno andare avanti e leggere i messaggi criptati tra le righe: parti così e io ho già capito. Che poi essendo le nomine legate all’approvazione della riforma della Rai non è nemmeno facile capire quanto tempo manchi: due mesi? Allora stiamo parlando del niente, perché è ancora presto. Un mese perché si capisce che la riforma ciao e allora fanno i cambi subito? Vuol dire che in campo ci sono davvero i papabili. Tra quello che leggo (ma che, siamo matti?) credo a poco. Vedo però un soldato che è scampato allo sbarco: ce ne sono di pochissimi in grado di farlo, ma qualcuno c’è: nonostante l’abbiamo buttato in mezzo ad agosto ha resistito: è saltato in tempo prima che le mitragliatrici lo finissero. Ora sta facendo il passo del giaguaro sulla spiaggia. Dicono che dirigerà Rai 3. E questo l’hanno già scritto tutti. Dicono anche però che abbia parlato persino con Renzi. Vabbè, s’è fatta l’ora del caffè.

 

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 3, di P.Bar.

Canone Rai, un’altra ipotesi. Pagare la tv in due rate: 50 euro a gennaio e altri 50 a giugno

La prima metà col vecchio sistema, la seconda con la bolletta.

L’operazione canone in bolletta procede: ogni giorno che passa tra Tesoro e Sviluppo economico si limano i dettagli, si mettono a punto le varie opzioni. «Certamente il provvedimento verrà inserito nella legge di stabilità», assicura chi segue il dossier. Confermato l’importo ridotto, 100 euro anziché 113,5, destinato poi a scendere ulteriormente negli anni a venire forse anche sotto quota 80 euro col crescere degli incassi, restano di fatto da definire solamente le modalità di pagamento.

Il nodo delle rate Rate bimestrali, come per le tradizionali utenze elettriche o rata unica, com’è tradizione? L’ultima opzione su cui si sta ragionando prevede un pagamento in due tempi, con l’importo diviso a metà: 50 euro, che andrebbero versati come al solito a gennaio, attraverso i consueti bollettini predisposti dalla Rai; e poi altri 50 euro, che finirebbero questi sì nella bolletta con cui si pagano le utenze elettriche e andrebbero saldati a giugno. Poi, dall’anno prossimo, una volta andati a regime, si passerebbe ai pagamenti bimestrali spalmati quindi in sei rate. In questo modo ci sarebbe più tempo che definire tutte le procedure di questa «rivoluzione» e si darebbe alla Rai tutto il tempo necessario per lanciare una adeguata campagna informativa. E soprattutto i sei mesi di tempo che intercorrono tra le due rate servirebbero agli utenti per chiedere all’Agenzia delle Entrate di essere esentati dal pagamento del canone in quanto sprovvisti non solo di un televisore ma anche di un qualsiasi altro device, dal pc al tablet allo smartphone, in grado di ricevere i programmai tv. Al riguardo tecnici hanno anche ipotizzato i possibili comportamenti degli evasori, che secondo le stime più recenti superano la soglia del 30% facendo perdere a viale Mazzini ogni anno diverse centinaia di milioni di euro di introiti: una parte importante di questa platea dovrebbe certamente essere indotta a pagare subito i primi 50 euro, sapendo che poi a giugno verrà poi pizzicata attraverso l’invio della bolletta; in alternativa potrebbero anche decidere di continuare a evadere stracciando il bollettino Rai o non pagandolo e dichiarando poi alle Entrate il falso. Col rischio però di essere esposti a tutti i controlli del caso.

Meno spot in tv? Dal punto di vista tecnico non è invece ancora stato risolto il problema della fatturazione degli importi, mentre è scontato che tutta l’evasione che verrà recuperata sarà utilizzata per ulteriori riduzioni del canone. Anche se, nel caso l’operazione di recupero dovesse andare oltre le aspettative, non si esclude nemmeno la possibilità di modulare diversamente il bilancio della Rai, i cui tecnici in questa fase partecipano con grande interesse a tutti i tavoli per seguire passo dopo passo l’evoluzione del provvedimento. Si ragiona così sulla possibilità di ridurre l’affollamento pubblicitario su tutte le reti senza scartare un’opzione più radicale: concentrare gli spot su Rai 1, la rete ammiraglia del gruppo, o aumentarne significativamente l’affollamento, e di conseguenza ridurre (se non addirittura azzerarlo) su tutte le altre. Ma questo lo si vedrà solo molto più avanti una volta che i soldi in più saranno per davvero entrati in cassa.

 

(Nella foto la statua equestre in Viale Mazzini)