Pubblicato il 09/10/2015, 12:34 | Scritto da La Redazione
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Scoppia il caso degli ascolti tv. Inquinati i risultati dell’Auditel – Mediaset “promuove” Premium

Scoppia il caso degli ascolti tv. Inquinati i risultati dell’Auditel – Mediaset “promuove” Premium
Un baco del software avrebbe svelato l'identità delle famiglie campione. Intanto al 30 settembre gli abbonati alla piattaforma pay hanno raggiunto quota 1,815 milioni (in tre mesi 112mila in più).

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 50, di Massimo Sideri.

Scoppia il caso degli ascolti tv. Inquinati i risultati dell’Auditel

Un baco del software avrebbe svelato l’identità delle famiglie campione.

Un pasticciaccio brutto di cui all’Auditel avrebbero fatto volentieri a meno: il campione di 5.600 famiglie da cui dipende quel numerino entrato anche nel linguaggio comune e che tanto potere ha, il sacro share, è stato «inquinato». Problema tecnico minimizzano alcune voci. Questione di tasti spinti per errore o vero e proprio baco del software. Per ora non si sa. Anche perché ieri, dopo riunioni concitate ai massimi livelli dell’Auditel, si è deciso, anche per questioni legali, di fare finta di nulla in attesa di capirne di più. I panni sporchi verranno lavati nel consiglio di amministrazione in agenda per mercoledì prossimo. Il sistema di rilevazione degli ascolti tv dell’Auditel è in discussione da tempo, ma stavolta il problema è ancora più serio se non grave: chi fa parte del panel non deve conoscere quali sono gli altri soggetti rilevati per evidenti rischi di inquinamento dei risultati. Gli stessi nomi delle famiglie sono difesi da un sistema in pieno stile Spectre che negli anni è stato anche lo stile della stessa Auditel, sempre poco incline a comunicare e spiegare. E invece pare che sia avvenuto proprio questo: la Nielsen, la società alla quale sono affidate operativamente le rilevazioni per Auditel, avrebbe incrociato male i cavi come si diceva una volta e chi non doveva sentire aveva un microfono acceso nelle altre stanze. Il giallo nel giallo è quale quota del panel sia stata contaminata. Da questo dato si capirà se siamo di fronte a un «Audi-gate».

L’unica certezza è che il panel dovrà essere almeno parzialmente cambiato come si fa con le giurie che non possono più garantire il risultato della legge uguale per tutti. Un gioco per niente facile: le 5.600 famiglie rappresentano l’intera popolazione italiana, 24 milioni di case con un consumo medio di tv per individuo che in Italia è ancora di 4 ore al giorno. Ognuna di queste famiglie ha, dunque, un peso statistico enorme: 50 di esse rappresentano poco meno dell’1 per cento del Paese. Tutto ciò senza considerare che l’intero sistema di rilevazione è in fase di transizione per passare a un panel più corposo di oltre 10 mila famiglie. Un altro grattacapo. Le conseguenze del «baco dello share» non sarebbero note nemmeno a chi governa l’Auditel, tanto che sempre ieri ci sarebbe stata una spaccatura all’interno della società tra chi voleva procedere con la sospensione della rilevazione fino a data da destinarsi e chi ha optato per la linea pragmatica dell’andare avanti.

I tre «azionisti» forti sono Rai, Mediaset e l’Upa, l’associazione degli investitori pubblicitari. È facile immaginare che chi compra spazi non sarà del tutto contento. Ma anche per la programmazione del palinsesto, il pagamento dei ricchi cachet e le decisioni editoriali sarebbe un dramma: lo share è una religione monoteista e spegnere l’Auditel significa mettere questa industry (che solo di investimenti pubblicitari tra gennaio e agosto ha toccato i 2,2 miliardi) nel buio totale. È come tornare all’età della pietra, non esistono altri indicatori tranne che per i canali che passano attraverso le smart box a pagamento come Sky. Ma, anche in questo caso, le società possono sapere se la tv o il tablet sono accesi su un canale, ma non quante persone ci sono, rilevazione che solo l’Auditel garantisce. Mercoledì al board Auditel andrà in onda il programma: il «baco dello share». Ma a telecamere spente.

 

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 17, di Andrea Biondi.

Mediaset “promuove” Premium

Effetto Champions. Al 30 settembre gli abbonati alla piattaforma pay hanno raggiunto quota 1,815 milioni (in tre mesi 112mila in più). Il presidente Giordani: “A breve ci sarà anche il satellite con un’offerta più corposa”.

Rispetto a giugno sono 112mila in più. Al 30 settembre, dunque, il totale degli abbonati di Mediaset Premium si attesta a 1,815 milioni. Ecco svelato il dato ufficiale dei sottoscrittori della piattaforma pay del gruppo di Cologno. Qualcuno nei giorni scorsi ci era arrivato vicino; altri avevano indicato un netto di 50mila abbonati e clima interno di grande preoccupazione per numeri considerati pericolosamente ben sotto le attese. «Come si vede – spiega al Sole 24 OreMarco Giordani, presidente di Mediaset Premium oltre che Cfo del gruppo – sono più del doppio rispetto alla cifra che mi indica. A conferma del fatto che erano speculazioni. E noi siamo molto soddisfatti e convinti senza alcun dubbio di raggiungere l’obiettivo di 200mila nuovi abbonati entro fine anno». Questo anche perché negli uffici di Cologno si starebbe facendo i conti con una conferma della crescita anche nel mese di ottobre. Il numero dei clienti di Premium è senza dubbio uno dei fulcri dello scontro ormai consumato – anche sui media – fra Mediaset e Sky.

Il clima si è andato man mano arroventando da quando Mediaset si è aggiudicata per tre stagioni l’esclusiva della Champions League. Fra scaramucce, una Sky che si è ancora più attivata sul fronte delle offerte (fra cui esclusiva Serie B e i principali campionati esteri su FoxSports, per esempio), tentativi di accordo più o meno confermati, si è arrivati così alle prime gare e a risultati di audience che hanno mostrato per Mediaset il bicchiere più vuoto che pieno. Se guardiamo al coverage – il numero di spettatori che ha visto un minuto di una qualsiasi partita – nella seconda giornata di Champions League per quanto riguarda Premium si è attestato a 2,3 milioni (dati Auditel elaborati dallo Studio Frasi). Ebbene due anni prima quando Premium e Sky trasmettevano entrambi la Champions i contatti furono di poco superiori ai 3 milioni. È il dato riguardante una giornata e va preso cum grano salis, ma comunque è un dato e si tratta di una sforbiciata del 25 per cento.

Per Giordani però la lettura da fare è tutt’altra. «Il mercato pay ha perso fra il 2010 e il 2014 il 15 per cento. E anche noi siamo stati in linea. Oggi i dati di ascolto scontano ovviamente un mercato pay più piccolo, la nostra decisione di non consentire la visione dei match di Champions in Pay-per-view e l’assenza nei dati Auditel delle visioni in streaming. Oltre 100mila per turno». L’indicatore al quale guardare, dicono da Mediaset, è invece proprio il trend di crescita degli abbonati: «Sono 112mila abbonati netti in più. E di fatto, considerando le ferie estive, stiamo parlando di un incremento costruito in poco meno di 40 giorni». Basteranno questi nuovi abbonati per ripagarsi dell’investimento della Champions superiore ai 600 milioni di euro? In fondo, se ai clienti il prodotto viene dato a 26 euro mensili, i numeri dovrebbero essere ben diversi per arrivare quantomeno al pareggio. «Se vogliamo fare i calcoli esatti – replica Giordani – come ha detto lei, che ogni stagione di Champions ha un costo d circa 200 milioni di euro per l’esclusiva sia pay sia free sulle nostre reti generaliste. Quindi sul lato dei ricavi va considerata la crescita degli abbonamenti, la crescita dell’Arpu (i ricavi medi per abbonato, ndr.) sulla quale stiamo lavorando e che certamente avverrà e anche la crescita della raccolta pubblicitaria che, ricordo, per noi fa leva anche sulle reti generaliste e quindi su valori e bacini di ascolto di gran lunga superiori. Tutto questo ci consentirà ampiamente di ripagare il costo della Champions che, peraltro, ricordo è spalmato su tre anni. E infatti il nostro piano prevede il pareggio già al secondo anno e utili dal terzo».

Insomma, dalle parti di Mediaset è proprio guardando ai numeri che si guarda con fiducia al futuro di Premium. Un futuro in cui ci sarà anche il satellite, dal 2016. «Oggi il cliente può scegliere se guardare Premium in digitale terrestre o streaming online. A breve arriverà anche il satellite, con un’offerta più corposa e con una spinta maggiore verso l’Hd. A quel punto il cliente avrà la massima libertà di scelta e il prezzo dell’abbonamento sarà proporzionale al valore delle varie offerte».

 

(Nell’immagine il logo Auditel)