Pubblicato il 03/09/2015, 12:34 | Scritto da La Redazione
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Rai: alla presidente Maggioni deleghe su nomine e contratti. Aldo Grasso: “E i consiglieri “depotenziati” si aggrappano all’ufficio”

Rai: alla presidente Maggioni deleghe su nomine e contratti. Aldo Grasso: “E i consiglieri “depotenziati” si aggrappano all’ufficio”
Il cda ha deciso all'unanimità su invito dell'azionista. Il presidente potrà approvare tutti i contratti fino a 10 milioni.

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 16, di Marco Mele.

Rai, alla presidente Maggioni deleghe su nomine e contratti

Il cda ha deciso all’unanimità su invito dell’azionista. Il presidente potrà approvare tutti i contratti fino a 10 milioni.

Tarantola docet. Il presidente della Rai, Monica Maggioni, ha ricevuto dal consiglio di amministrazione, all’unanimità, le deleghe per la nomina dei dirigenti non editoriali e per i contratti da 2,5 a dieci milioni di euro. La delibera approvata ieri ricalca, con qualche modifica, quella approvata dal cda uscente, quando approvò il rilascio di analoghe deleghe al presidente Anna Maria Tarantola. Decisivo, in entrambi i casi, “l’invito” rivolto dall’azionista al consiglio per delegare parte dei propri poteri al presidente. Nel corso del cda di ieri, infatti, Marco Fortis, consigliere nominato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha letto una lettera nella quale si anticipano i contenuti della delibera successivamente approvata dall’intero consiglio amministrazione. È stato il Governo, quindi, a volere il conferimento delle deleghe a Monica Maggioni, così come il governo Monti fu determinante per quelle ricevute da Anna Maria Tarantola.

Le modifiche nella delibera approvata ieri riguardano la comunicazione al cda delle nomine dei dirigenti: non più ogni tre mesi, come nella precedente delibera, ma alla prima convocazione utile del cda. Di più: Monica Maggioni si è impegnata a comunicarle ai consiglieri prima o contestualmente alla loro ratifica: in modo lungimirante, il presidente ha capito che i consiglieri d’amministrazione non possono apprendere le nomine dirigenziali dalle agenzie di stampa. Vi è un altro aspetto relativo alla delega al presidente. Riguarda il disegno di legge approvato al Senato che modifica la governance del servizio pubblico. Il testo prevede che la nomina dei dirigenti apicali spetti all’amministratore delegato. Un emendamento del governo, approvato dall’Aula, aggiunge che, dopo l’approvazione della legge, al direttore generale già nominato, quindi ad Antonio Campo Dall’Orto, spettino i poteri dell’amministratore delegato; e, quindi, la nomina dei dirigenti.

La spiegazione del governo è: le deleghe tolgono poteri al consiglio di amministrazione; e, quindi, sottraggono la Rai al condizionamento e alle contrattazioni con i partiti. La decisione del cda di ieri, insomma, andrebbe nella stessa direzione del disegno di legge. Visti i profili dei consiglieri, sembra difficile che molti di loro possano essere considerati “cinghie di trasmissione” dei partiti. In ogni caso, si possono avanzare tre ipotesi sugli effetti di tale presa diposizione. La prima è che si pensi di modificare alla Camera il testo del disegno di legge, facendo entrare in vigore il nuovo sistema compresi i poteri da assegnare al direttore generale “già nominato” solo tra tre anni. La seconda: non si è certi che il disegno di legge venga approvato, soprattutto in tempi brevi (anche se ieri in cda la lettera dell’azionista parla di circa un mese e mezzo). Allora, è meglio che resti in vigore la governance dalla Gasparri, “modificata” da Monti. La terza ipotesi è che si approvi il disegno di legge nel testo approvato al Senato (il Governo è intenzionato ad intervenire sul canone anche senza la delega cancellata dal Senato). In quest’ultimo caso, sarebbe delegittimata la delibera di ieri, presidente incluso, nonché le eventuali nomina effettuate nel frattempo e gli eventuali contratti siglati. Vi sarebbe un cambio in corsa di poteri tra presidente e direttore generale, il quale, sulle nomine dei direttori editoriali dovrà sentire l’intero cda e non il suo presidente. Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale, ha illustrato al cda lo stato dell’arte della Rai e le sue prospettive. La Rai è pronta a sfruttare le opportunità offerte dalla chiusura dei canali Mediaset sulla piattaforma di Sky. Il bilancio 20116 presenta dei problemi, essendo gravato dei costi di Olimpiadi e Mondiali di calcio senza gli introiti straordinari di RaiWay che hanno “salvato” quello 2014.

 

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 16, di Aldo Grasso.

E i consiglieri “depotenziati” si aggrappano all’ufficio

The Office, quando l’ufficio è tutto. Mentre il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, parla di Rai pop, di discontinuità, di «sperimentare un nuovo tipo di linguaggio capace di essere al passo con i cambiamenti della società» (ma esistono nuovi linguaggi in tv?), di superare la «dittatura degli ascolti» (grandioso alibi per eventuali scorni); mentre la presidente Monica Maggioni può firmare contratti fino a 10 milioni di euro e nominare dirigenti di strutture non editoriali, un cruccio continua a tormentare i consiglieri di amministrazione di Viale Mazzini: vogliono l’ufficio. L’ufficio per loro è tutto: habitat, location, status symbol, soft power, insomma una ragione di vita per un cda di basso profilo (salvo debita eccezione). Le loro nomine assomigliano a premi di consolazione ma senza la consolazione dell’ufficio non sono neanche pop. Così, da giorni si lamentano: «Ci hanno detto che non abbiamo diritto agli uffici, ma chi lo decide? Siamo noi a doverlo fare!

Il Cda Rai non è come quello di una qualsiasi azienda privata che si riunisce tre volte all’anno». L’ufficio con segretaria al settimo piano di Viale Mazzini nasconde una profonda anomalia, un “unicum” nel panorama italiano, e non solo. È infatti una vecchia consuetudine, figlia della lottizzazione, concedere ai consiglieri un ufficio nel palazzo della Rai. Di solito, nelle grandi aziende, i consiglieri si radunano il giorno del consiglio e poi se ne tornano al loro lavoro; al massimo godono di una segreteria in comune. In Rai, no. Già il governo Monti aveva tolto molti dei loro privilegi (benefit, macchina con autista, sontuosi rimborsi spesa…), anche la presidente Anna Maria Tarantola aveva cercato di proporre uffici condivisi. Ma se a questo cda togli anche l’ufficio cosa gli resta? Lo scanno del settimo piano è una sorta di ufficio di rappresentanza dei partiti di riferimento, di ufficio reclami per dipendenti malmostosi, di ufficio di collocamento. Spesso è anche il terminale della raccomandazione. Ora come ora, pare solo un ufficio funebre.

 

(Nella foto Monica Maggioni e Antonio Campo Dall’Orto)