Pubblicato il 23/08/2015, 15:03 | Scritto da Andrea Amato
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Una vita on demand: ecco come cambia il nostro modo di guardare la televisione

La tv che cambia, la tv che è già cambiata. Da mesi si parla dell’avvento di Netflix sul mercato italiano, come se fosse il D-Day della televisione, ma in realtà il player americano di Video on demand arriva ultimo, in un contesto che negli ultimi due anni ha completamente cambiato le abitudini degli italiani. Sky on demand, Premium Play, Rai.it, DPlay di Discovery, senza considerare i servizi Vod come TimVision e Chili.tv, in poco tempo hanno ridefinito il modo di guardare la televisione, abbandonando il dogma della tv lineare, ovvero live. Eccezion fatta per i grandi eventi sportivi e pochi altri contesti, ormai almeno quattro generazioni di telespettatori utilizzano il piccolo schermo come un juke box, fruibile attraverso il televisore, ma anche il tablet, il pc e addirittura il telefonino. Se il sociologo americano David Riesman, negli anni ’50, parlava di «folla solitaria» come nuovo fenomeno sociale dettato dai mass media e in particolare dalla tv, oggi quel concetto sta scomparendo, perché il telespettatore decide cosa, dove, come e, soprattutto, quando. Sono sempre meno gli eventi che riuniscono contemporaneamente la «folla solitaria» davanti alla tv.

Dati alla mano, è emblematico come in piena estate il film Spy Kids 2 trasmesso da Sky Cinema in realtà abbia avuto un ascolto del 70,6% non lineare: ovvero due spettatori su tre che hanno visto quel film lo hanno fatto nell’arco dei sette giorni successivi, sulla piattaforma on demand della pay tv satellitare. Altrettanto emblematico era stato il conto di Frozen – Il regno di ghiaccio, andato in onda la sera del 30 gennaio 2012 con un ascolto di 735.716 spettatori, ma nei successivi sette giorni il counter aveva raggiunto i 2,029 milioni di contatti. Facile, si dirà, con i film che sono il prodotto più facile da abbinare all’on demand. Ma spulciando ancora i dati forniti da Sky, si scopre che anche le serie tv subiscono lo stesso mutamento e così 1992, bistrattata per gli scarsi ascolti in lineare, in realtà ha aumentato del 40% gli spettatori nella settimana successiva, per non parlare del caso Transparent, che grazie all’on demand ha aumentato del 62% il suo pubblico.

La conferma definitiva, però, arriva analizzando i dati di Italia’s Got Talent, il talent show di Sky Uno, che meno di altri dovrebbe subire il “fascino della differita” e che invece evidenzia in maniera ancora più macroscopica il mutamento delle abitudini dello spettatore italiano. Il programma d’intrattenimento, infatti, ha una media del 50% di incremento di ascolto con l’on demand: nelle dieci puntate andate in onda in primavera, la media lineare è stata di 965.129 spettatori, mentre nei sette giorni successivi il dato è salito a una media di 1.876 milioni.

Numeri simili, ma non così organici, possono arrivare dal sito Rai.it, ottima piattaforma on line per rivedere i contenuti della tv di Stato, e altri siamo sicuri arriveranno dalle prime rilevazioni del nuovo Premium Play di Mediaset e dall’Ott di Discovery. La nota stonata, invece, arriva da Auditel. Se infatti è ormai chiaro che le abitudini degli italiani sono cambiate, è altrettanto evidente che il sistema di rilevazione sui dati d’ascolto della tv di casa nostra (da cui poi di fatto dipendono miliardi di euro di investimenti pubblicitari) è rimasta qualche anno luce indietro, non riuscendo ancora ad aggregare questi dati significativi ai numeri del lineare. Incompetenza o opportunismo?

 

twitter@AndreaAAmato

 

(Nell’immagine Sky On Demand su tablet)