Pubblicato il 04/08/2015, 18:39 | Scritto da Gabriele Gambini

Enrico Bertolino: “‘Gazza Summer Show’ un esperimento interessante. ‘Gazebo’ ha qualcosa che ricorda ‘Glob'”

Dice bene Nick Hornby: ci si innamora del calcio come ci si potrebbe innamorare delle donne, improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che potrebbe portare con sé. Vale per tutti gli spettatori del calciomercato. Quelli che nella pausa pre-campionato fanno zapping compulsivo alla ricerca della notizia-bomba, capace di ridar linfa alle speranze di vittoria della propria squadra. Nella selva di trasmissioni sul tema, Gazza Summer Show, striscia quotidiana serale sulla neonata Gazzetta Tv, si è rivelato un esperimento interessante. Condotto da Enrico Bertolino, è stato “Un modo divertente per leggere la Gazzetta gratis”, parafrasando il comico milanese. Che vede nel Gazebo di Zoro qualche tratto in comune col suo Glob, e pensa a una piece teatrale dal nome Ultimo Banco, da declinare anche in formato televisivo.

Gazza Summer Show è stato un esperimento interessante.

Abbiamo provato a spostare il bar in televisione, come nella tradizione del calciomercato. Fatto in diretta, con tanti ospiti, l’abbiamo considerato un esperimento da applicare a un canale sportivo. Personalmente, mi ha divertito.

Il calcio in tv la diverte da sempre, in ogni intervista non c’è giornalista che non le chieda un commento sul campionato.

Il calcio in tv mi piace quando non è urlato e quando alla base c’è un racconto preciso. Un tempo, ero affascinato dai racconti sportivi di Gianni Mura. Poi è arrivata l’esplosione dei programmi tv a tema, che riempivano un vuoto oggi colmato da internet e dalla rete. Affinché un format calcistico risulti incisivo ai giorni nostri, è essenziale che ci sia un linguaggio chiaro, un’aneddotica, un fil rouge riconoscibile.

Che cosa si aspetta, da questa stagione calcistica?

Vorrei vedere più gioco e meno cronaca nera. Meno calcioscommesse, per intenderci.

Parlando di tv, la nuova stagione vedrà novità non solo sportive. Zelig, per esempio, resta fermo ai box. Quella realtà lei la conosce bene, avendola frequentata per anni da protagonista. Il formato cabaret classico è stanco?

Il formato cabaret è sovraesposto e replicato. A Zelig si sono affiancati, negli anni, Colorado, Made in Sud, altri format, con alterne vicende. Trovo sensato fermarsi una stagione e ripensare a che cosa può essere migliorato. Il mondo della comicità televisiva risente anche della contingenza sociale. Questo periodo è già così comico di per sé, che rimarcarne i tratti può risultare pleonastico.

Si riferisce alla situazione politica attuale?

Anche. Perché no. Un tempo, Berlusconi con le sue uscite dava lavoro a moltissimi comici. Renzi è diverso. Riesce in parte a essere comico già da solo. Oppure pensiamo a Gasparri e ai suoi tweet.

E pensiamo all’avvento della comicità su youtube.

Quell’aspetto ha un suo peso. Ma il salto da youtube alla tv è enorme, troppe volte forzato. Un conto è sperimentare in rete, un conto è trovarsi su un palco e scoprire che nei pochi minuti a disposizione, la reazione del pubblico non è la stessa di quella del web.

In un’era in cui tutto è talent-show, LA7 ha annunciato un talent per aspiranti comici, Il boss dei comici. Domanda Marzulliana: un giovane Bertolino che si ritrovasse a emergere oggi, sfrutterebbe quel canale?

Forse sì. Ognuno è figlio del suo tempo e sfrutta le opportunità che il suo tempo gli offre. All’epoca dei miei esordi, la vetrina d’eccellenza era il Maurizio Costanzo Show. Gli attori della mia generazione sono figli del suo palco.

Quindi, ben venga il talent.

Confesso che un ulteriore talent mi mette un po’ d’ansia. Staremo a vedere. Il lavoro del comico è contraddistinto da un’identità progettuale molto forte e definita. Tutto parte da lì. Il formato con cui è declinata in tv può cambiare, a patto che le basi siano garantite.

Sulle novità televisive: ho capito bene quel che ha detto all’inizio? Gazebo ha raccolto parte dell’eredità del suo Glob?

Gazebo è diverso nella proposta e nel linguaggio, che ricorda quello di un collettivo universitario degli anni ’70. Però i due programmi potrebbero presentare un’affinità di intenti.

Le piacerebbe tornare con Glob?

Glob, per il momento, è parcheggiato in un luogo di cui in Rai hanno dimenticato le chiavi, dopo quindici edizioni. Se tornasse, mi piacerebbe ripensarlo in chiave più allargata, sperimentando nuovi stili di comunicazione, con la contaminazione tra web, tv e attualità come denominatore comune consueto. Mi piacerebbe anche dedicare una puntata all’inglese parlato dai nostri politici. Ci sarebbe del materiale straordinario.

Qualche giorno fa, mi è capitato di fare zapping. Mi sono imbattuto nella sketch-comedy Piloti.

In tanti mi riferiscono che Piloti è visto maggiormente ora, in replica su Rai Premium, rispetto al periodo di Rai2. Questo perché la sketch comedy, genere oggi negoziabile e proponibile su diversi formati, per funzionare in tv al meglio deve essere inserita nel giusto contesto orario. La fascia pomeridiana è più adatta rispetto all’access prime time, che presenta forme di concorrenza eterogenee.

Ora a che cosa si dedicherà?

Mi vorrei concentrare sul mio vecchio amore, il teatro, confezionando un progetto che potrebbe avere estensioni televisive. Provvisoriamente si intitolerà Ultimo Banco, e vorrei fondesse l’impianto narrativo con un marcato impegno satirico. Il punto di partenza sarà lo studio della storia. Analizzare in modo spigliato i grandi eventi storici e legarli all’attualità. Per scoprire che, in fondo, non si inventa nulla. I corsi e ricorsi vichiani sono sempre presenti. Pensiamo alla Grecia di oggi, col suo cavallo di Troika che molto ricorda il cavallo di Troia. Alla Roma di Nerone, che bruciava in un’atmosfera da tardo impero non così dissimile dalla Roma odierna. O le religioni…

Le religioni sono un terreno minato.

Appunto. Pensiamo al Pastafarianesimo: ci stupisce che i suoi adepti se ne vadano in giro con uno scolapasta in testa e adorino una polpetta. Poi leggendo i Vangeli scopriamo che il protagonista camminava sulle acque e trasformava l’acqua in vino. Ecco ulteriori spunti.

Un duplice intento, quello satirico e pedagogico?

Una sorta di Consorzio Nettuno meno noioso, con partecipazione attiva del pubblico.

Penso a “partecipazione” e mi vengono in mente i reality. Ecco, se le offrissero di partecipare a un reality come concorrente, che farebbe?

Dipende dal compenso. Però se andassi a L’Isola dei famosi, suonerebbe come scelta da fine carriera. Non mi ci vedrei a chiacchierare con gli altri partecipanti, digiunando a oltranza. Ma avrei in mente un programma alternativo: L’isola dei noiosi. Ci manderei i protagonisti dei talk show e, perché no, qualche chef.

Gli chef sono i mostri sacri di quest’era catodica?

Oggi se in tv non sai cucinare un uovo sbattuto, non sei nessuno.

Gabriele Gambini
(nella foto, Enrico Bertolino)