Pubblicato il 04/08/2015, 14:21 | Scritto da La Redazione

Gli ex numeri uno Rai: «cambiano tutto perché tutto resti com’è». E a Striscia, dopo la De Filippi arriva De Sica

 

 

Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 6/7 di Mario Ajello

 

Lo scetticismo degli ex numeri uno:

cambiano tutto perché tutto resti com’è

Da Petruccioli ad Annunziata: girandola senza tempo

 

LA STORIA

ROMA Lo spettacolo senza tempo della girandola delle poltrone. Del lancio e del rimpallo dei nomi. Di chi frigge in attesa della telefonata, di chi aspira, di chi si chiama fuori come tecnica per rientrare (in Rai lo chiamano il format Cincinnato) e di chi non può non esserci perché «dove lo trovano uno migliore di me?». E’ come se le Repubbliche quando si tratta di rifare la Rai che viene rifatta sempre e sempre quasi uguale non fossero la Prima, la Seconda e forse la Terza, ma una soltanto indistinguibile ed eterna. Che impressione le fa questo bailamme, Claudio Petruccioli, lei che è stato presidente della tivvù pubblica dal 2005 al 2009? «Un modo per evitarlo ci sarebbe. Andrebbe seguita la procedura che il governo in carica ha adottato per quanto riguarda la nomina dei commissari della Consob». Ovvero? «Si sono candidate più di cento persone spiega Petruccioli presentando i curricula. E poi al termine della scrematura il presidente del consiglio fa alcune proposte tra questi nomi e il Capo dello Stato fa le nomine con decreto presidenziale. Perchè il governo non adotta questo metodo anche per il Cda della Rai?». «Non cambia mai niente, anzi peggiora tutto», osserva Lucia Annunziata, che è stata presidente di garanzia: «E la Gasparri, rieccola, peggiora tutto. E’ la migliore legge che possa esistere per la politica. Perchè quando i partiti non si accordano su altre cose, ci sono sempre i posti in Rai da spartirsi amichevolmente. E lo sa qual è la verità?». Qual è? «La sinistra voleva una legge come la Gasparri e la vuole ancora». Fu nell’avvicinarsi di questa legge e contro la Gasparri che la Annunziata si dimise, nel maggio del 2004, dalla presidenza di Viale Mazzini. «Quando andai in quel ruolo, feci visita a Ciampi e gli dissi: Presidente, accetto la nomina ma se verrà approvata la Gasparri, me ne vado». Poi la Gasparri andò in aula nel dicembre del 2003, e la Annunziata fece gli scatoloni. Gifuni, segretario generale del Colle, la bloccò, ma per poco, con questa telefonata: «Mi disse di aspettare, perchè Ciampi non avrebbe firmato quella legge. E io allora, con gli scatoloni già pronti, restai fino a maggio». Cioè fino alla vigilia dell’ultimo Cda, quello famoso che si

tenne a Milano e che in extremis fece 72 nomine. «Con il foglietto dei nomi in mano narra la ex presidente andai a un festival proprio lì a Milano, e lo sventolai davanti a tutti dicendo: la Gasparri è diventata legge e io me ne vado».

CDA SMART

Ma anche in passato i presidenti non sono stati frutto a loro volta di accordi politici e di convergenze trasversali? «Certo che sì», assicura Antonio Baldassarre, che in età berlusconiana ha guidato il Settimo Piano e alla fine il suo fu il cosiddetto Cda Smart cioè a due, lui e il leghista Albertoni dopo le dimissioni di Donzelli, Staderini e Zanda. «E proprio per questo incalza Badassarre col senno di poi dico che non avrei dovuto accettare la presidenza della Rai. Perchè i partiti considerano quell’azienda come un loro feudo. Ed io, avendo una storia personale fuori dalla politica, ho particolarmente patito quella condizione». E allora perché non mollò? «Io avrei voluto mollare ma è la politica che non voleva mollare quell’assetto». Di quel Cda, prima delle dimissioni, faceva parte in rappresentanza della sinistra Carmine Donzelli. «Non c’è nulla di nuovo sotto il sole, adesso», spiega questo editore molto capace: «Va in scena la solita manfrina sui nomi, e restano sullo sfondo la cose più importanti: le strategie industriali. La Rai è riformabilissima, basta discutere di contenuti e di strategie d’impresa in un mercato televisivo internazionale completamente nuovo». Altro ex consigliere di amministrazione, l’allora berlusconiano Giuliano Urbani, forzista ante-marcia: «Riformabile la Rai? Ci vorrebbe un miracolo! Il modello che tutti dicono di volere darebbe la Bbc. Ma per arrivarci bisognerebbe sradicare le due piaghe che impedirono a noi e a tutti gli altri passati dal Settimo Piano di lavorare». Quali sono state queste piaghe, con cui comunque voi tutti avete convissuto? «La prima è la voracità e insieme debolezza del sistema partitico che se non occupa non sa farsi rispettare. E la seconda è il servilismo innato del sistema giornalistico. Il 90 per cento di quelli che vogliono fare i direttori della Rai vanno lì perché sanno che devono servire e vogliono servire». Di nuovo Baldassarre: «Qui si sta facendo l’opposto del modello Bbc. Dove l’amministratore delegato è il vero capo azienda, perchè la proprietà è di una fondazione. La nostra riforma attuale prevede invece che l’ad sia nominato dal governo e risponda al governo. Non stiamo affatto diventando inglesi».

PADRINAGGI

E lei, Petruccioli, perchè non ce l’ha fatta a svincolare la Rai dal padrinaggio partitico? «Io ho tentato – risponde l’ex presidente – ma è mancata la volontà politica per cambiare tutto. Il buon Vincenzo Visco, da ministro del governo Prodi, con l’accordo del presidente della VIII commissione del Senato, presieduta a suo tempo dal sottoscritto, quando l’Iri fu chiusa fece una legge in cui si diceva tra l’altro: le azioni Iri, che era stata proprietaria della Rai, vengono depositate in Rai Holding. Che poteva essere la premessa di una fondazione. Poi la Gasparri ha stravolto tutto. E ora eccoci qui, come sempre e più di sempre».

 

 

Rassegna Stampa: Libero, pagina 29, di Claudia Casiraghi

 

Le novità di «Striscia la notizia»

I fuochi d’artificio di Antonio Ricci

Dopo la De Filippi, ecco De Sica

 

Se le indiscrezioni diventassero notizie, Antonio Ricci potrebbe riscuotere la prima vincita della nuova stagione televisiva non fosse altro che per il disturbo arrecato alle reti sue concorrenti. Poche ore dopo aver lasciato circolare voci sul ritorno, dietro il bancone di Striscia la Notizia, di Maria De Filippi, il patron del tg satirico pare aver messo a segno un colpo grosso, l’ennesimo. Dagospia riporta, infatti, cronache di un presunto «tradimento». Christian De Sica, si legge sul sito di Roberto D’Agostino, avrebbe fatto fagotto e salutato Mamma Rai. D’improvviso e senza alcun preavvertimento. L’attore, che dal 2012 siede in giuria a Tale e Quale Show (RaiUno), avrebbe rinunciato alla propria poltrona per accettare l’offerta di Ricci. Un uomo che, per la prossima stagione televisiva, pare intenzionato a sbaragliare la concorrenza.

Mano al portafoglio, si dice che il padre di Drive-In sia disposto a tutto pur di far fuori Affari Tuoi, programma di RaiUno da tempo considerato alla stregua di uno scomodo nemico. Non stupirebbe, allora, vedere Christian De Sica seduto al banco del Tg Satirico insieme a Michelle Hunziker e Belen Rodriguez. Mara Venier, Gerry Scotti e quanti, nelle ultime ore, sono dati dai media come possibili conduttori del programma di Canale 5. Conferme da parte della rete ammiraglia di Mediaset non ce ne sono. L’arrivo di De Sica, così come quello di Scotti, non è stato commentato: non in positivo, non in negativo. E pure Dagospia, che in materia di mercato televisivo spesso ci azzecca, sembra certa che lo scambio sia cosa ormai conclusa. Tanto che il sito di D’Agostino addirittura allude a cifre ingenti, pegno che Ricci avrebbe pagato per sottrarre De Sica all’egemonia della Rai. A quanto ammontino le presunte cifre Dago non lo dice: criptico, si limita alle allusioni, sottolineando come il passaggio (vero o falso che sia) costringa De Sica ad abbandonare le vesti di uomo d’altri tempi. L’affezionato pubblico, sostiene il sito, potrebbe infatti percepire la sua inversione di marcia come un vero e proprio tradimento. Un abbandono sconsiderato e un gesto poco rispettoso nei confronti di un programma che, negli ultimi anni, ha contribuito a risollevare la popolarità di De Sica. Che, da par suo, si è ben guardato dall’avvallare quelle che ad oggi rimangono voci di corridoio.