Pubblicato il 03/08/2015, 14:03 | Scritto da La Redazione

L’estate è perfetta per restare in casa e drogarsi di serie tv

L’estate è perfetta per restare in casa e drogarsi di serie tv
Ore e ore, seduti sul divano per una puntata dietro l'altra di capolavori come “24", oppure "True Detective" e 'largo" e così è bello perdere la cognizione del tempo. Così Andrea Scanzi su Il Fatto Quotidiano.

 

 

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 17, di Andrea Scanzi

 

L’estate è perfetta per restare in casa e drogarsi di serie tv

 

Forse l’estate non sarà il periodo migliore, e certe atmosfere meglio si abbinano con autunno e inverno, ma se la vita è fatta di piccole così, e di queste quasi sempre è fatta poche “piccole” cose regalano soddisfazioni sicure come le serie televisive. Non si sa quando e non si sa come, ma un (bel) giorno il naturale desiderio di narrazione epica insito nell’uomo ha trovato

naturale sfogo nella serialità televisiva. In principio fu TwinPeaks, serie così smisuratamente nuova da stordire anzitempo perfino chi la creò, David Lynch, uomo peraltro secondo a pochi quanto a visionarietà. Da allora, anno dopo anno, la serie tivù ha finito col creare a tanti dipendenza. Una dipendenza bella, che li (ci) porta a guardare anche sette-otto puntate di fila senza accorgersene. Sarà capitato a molti di guardare l’orologio, dopo un fuoco di fila continuo a base di Lost, The Shield, Fringe, Sons of Anarchy o Longrnire, e rendersi conto non senza stupore che nel frattempo erano passate cinque ore. Forse di più.

ORE PASSATE senza neanche accorgersene, perché la serie tivù ben fatta vive anzitutto di questo: di una fruibilità spiccata, di una scorrevolezza ispirata che però non necessariamente va di pari passo con un’assenza di contenuti.

Anzi. Chi non le ama, e son sempre meno, tende a detestarle perché non concepisce l’idea dipassar così tanto tempo davanti alla tivù. Pensiero legittimo, anche se poi spesso è la stessa gente che guarderebbe tredici talkshow politici di fila (magari con Gasparri ospite) o la partita di calcio tra terzultima e sestultima della serie B portoghese (registrata, per giunta). La ricetta

è molto semplice: scegliere la serie giusta, meglio se in lingua originale con sottotitoli, e lasciarsi andare. Da soli o in compagnia (ma che sia la compagnia giusta: guardare 24 con la donna o l’uomo sbagliato è reato non condonabile). Davanti, se si vuol godere appieno, un bicchiere di whisky (o bourbon se guardate Justified: la bevuta dovrà ovviamente essere attinente al contesto narrativo). Fuori il mondo scomparirà per un po’, e difficilmente vi mancherà. Una puntata ne chiamerà un’altra, un colpo di scena ne nutrirà un altro. Tra un’immedesimazione e un’appartenenza, personaggi reputati irrinunciabili moriranno anzitempo e cattivi patentati sapranno stupirvi in positivo. La serie tivù True Detective, Fargo, Rectify è un’evasione alta e necessaria dal logorio della vita post-moderna. Soddisfa il lato bambinesco e al contempo quello sin troppo maturo. La serie tivù, quando gira al meglio, è una delle più grandi invenzioni degli ultimi decenni. Se Omero nascesse oggi, scriverebbe Breaking Bad. Mica l’Odissea.