Pubblicato il 01/08/2015, 13:13 | Scritto da La Redazione
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Rai, il Senato approva la riforma

Rai, il Senato approva la riforma
Tv pubblica. Prima del voto di martedì la composizione della Vigilanza potrebbe esser modificata. Ora la partita per il nuovo Cda

 

 

Rassegna Stampa: Il Sole24Ore, pagina 6, di Marco Mele

 

Tv pubblica. Prima del voto di martedì la composizione della Vigilanza potrebbe esser modificata

Rai, il Senato approva la riforma

Ora la partita per il nuovo Cda

 

ROMA – Il nuovo consiglio di amministrazione della Rai «non sarà a termine» e sarà scelto in particolare il presidente e il direttore generale in base a due criteri: «autorevolezza e competenza», secondo il modello Bbc. Matteo Renzi difende la scelta di rinnovare il Cda, «lo impone la legge», scaduto i125 maggio con l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci. Il Senato, intanto, ha approvato ieri mattina il disegno di legge sulla nuova governance della Rai che passa adesso alla Camera con 42 voti a favore e 92 contrari. Sarà, quindi, il prossimo Parlamento, non quello attuale, salvo dimissioni anticipate della maggioranza dei consiglieri Rai, ad applicare per la prima volta la nuova governance, quella con il cda di sette membri e l’amministratore delegato. «Ho chiesto al Parlamento-ha detto il Presidente del Consiglio di fare la riforma in tempo per il rinnovo del cda. Non abbiamo fatto un decreto per rispettare il Parlamento. L’iter normale, purtroppo, non è andato a buon fine e, ora, giunti all’inizio di agosto, è giusto «che si possa avere un nuovo cda, con la legge vigente. Il cda è scaduto e non possiamo tenerlo in prorogatio. Il nuovo consiglio durerà sino all’approvazione del bilancio 2017, quindi sino al maggio 2018». Prima del voto di martedì, i presidenti di Camera e Senato potrebbero modificare la

composizione della Vigilanza per garantire rappresentatività a tutti i gruppi in commissione. Sarà questo consiglio, tra l’altro, a dover affrontare il rinnovo della concessione decennale alla Rai, che scade il 6 maggio del prossimo anno. Al momento «in cui entrerà in vigore la nuova legge ribadisce Renzi – i poteri previsti per l’amministratore delegato vengono trasferiti al direttore generale «che è in carica sino al 2018». Quanto al canone, «il governo può intervenire, per esempio con la legge di stabilità sottolinea Matteo Renzi -. La delega presupponeva un progetto che, tra l’altro, prevedeva anche finanziamenti alle emittenti televisive locali. Vedremo se e come correggere alla Camera» il testo dell’articolo 4 del disegno di legge, abolito al Senato. Come avviene ad ogni tornata di nomine Rai, circolano i nomi dei diversi candidati, sia per la presidenza sia per la direzione generale. Nel primo caso (fonti autorevoli spiegano che Renzi non ha ancora deciso, ndr) si fanno quelli di Giovanni Minoli e di Ferruccio De Bortoli, nel secondo si fanno soprattutto quelli di donne manager, a partire da Marinella Soldi, numero uno di Discovery Italia a quello di Timi Andreatta, direttore di RaiFiction sino al presidente di Enel, Patrizia Grieco, che ieri, però, ha detto di non essere interessata a incarichi in Rai e di voler restare in Enel. Le sorprese non mancheranno. Il Movimento 5Stelle ha deciso di non ricorrere alla Rete per decidere il consigliere Rai che i numeri in Vigilanza assegnano al Movimento. Decideranno i gruppi parlamentari, che hanno delegato la scelta ai commissari della bicamerale. Caustico il commento su Twitter di Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni sull’approvazione della legge al Senato: «Per dare un’idea sulla riforma Rai: Minzolini e Mineo votano contro, Zavoli a favore. Tutto torna». Per il relatore, Raffaele Ranucci, Pd, «dispiace che chi ha votato contro l’articolo 4 ha votato contro la lotta all’evasione del canone, contro la possibilità per la Rai di avere un’autonomia economica e finanziaria e anche contro il riconoscimento e il finanziamento delle tv private di qualità. Si recupererà alla Camera». Ci vorrà, allora, una terza lettura al Senato. Federico Fornaro, della minoranza Pd, uno degli autori della sconfitta del governo di giovedì, si dice «assolutamente d’accordo sull’urgenza di una riforma del canone, con l’obiettivo di pagare tutti per pagare meno. L’emendamento soppressivo di ieri non riguardava il merito ma il metodo: una delega troppo generica equivale ad una delega in bianco all’esecutivo, non prevista dalla Costituzione».

Per i sindacati dei giornalisti, Fnsi e Usigrai, si è «rottamata la rottamazione: ci si prepara, nelle prossime ore, alla grande spartizione lottizzatoria con la legge Gasparri. Ancora una volta per la Rai non è né la volta giusta né la svolta buona».