Pubblicato il 26/06/2013, 09:32 | Scritto da La Redazione

TOMBOLINI-ROMANO: I PREDILETTI DI JOHN DE MOL

TOMBOLINI-ROMANO: I PREDILETTI DI JOHN DE MOL
Fecero rumore Marco Tombolini e Pasquale Romano quando due anni e mezzo fa hanno fondato la Toro sotto il cappello di Sony Pictures che ne detiene la quota di controllo. Oggi raccontano la loro esperienza in una lunga intervista a Prima Comunicazione. Rassegna Stampa: Prima Comunicazione, pagine 90/94, di Anna Rotili. I PREDILETTI DI JOHN […]

Fecero rumore Marco Tombolini e Pasquale Romano quando due anni e mezzo fa hanno fondato la Toro sotto il cappello di Sony Pictures che ne detiene la quota di controllo. Oggi raccontano la loro esperienza in una lunga intervista a Prima Comunicazione.

Rassegna Stampa: Prima Comunicazione, pagine 90/94, di Anna Rotili.

I PREDILETTI DI JOHN DE MOL

Fecero rumore Marco Tombolini e Pasquale Romano quando due anni e mezzo fa hanno fondato la Toro sotto il cappello di Sony Pictures che ne detiene la quota di controllo. Il fatto e che i due soci erano le punte di diamante di Endemol Italia, Tombolini il direttore generale.

È Romano l’autore di riferimento, e il ‘tradimento’ forse non gli è stato ancora perdonato. Tombolini, una vita dentro Endemol, vi entra giovanissimo quando la società si chiamava ancora Aran e stava per essere ceduta al gruppo olandese. Pupillo di Marco Bassetti, allora il capo azienda, Tombolini comincia a fare le acquisizioni e, imparando da zero il mestiere del buyer, diventa una stella sul mercato internazionale. Si crea una grande rete di contatti, è abilissimo nei negoziati e ha occhio fino per i format. Sarà anche Tombolini a costruire il format department che Endemol non aveva ancora. Dopodiché sale a capo dell’Intrattenimento e chiude il cerchio con la direzione generale. A quel punto lascia perché, dice Tombolini, “al giro di boa dei quarant’anni ho pensato fosse giunto il momento di cimentarmi in qualcosa di mio. Nel frattempo alcuni amici dell’area internazionale stavano lasciando Endemol e mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo. Quando è arrivata l’offerta della Sony ho rotto gli indugi”. Pasquale Romano invece si è forgiato come autore nell’ambito delle reti commerciali ed è stata una grande palestra studiare ogni giorno la curva degli ascolti e dei target per capire la complessità del pubblico e della televisione. Alla tivù arriva per caso quando, allora insegnava filosofia, incrocia sulla sua strada Alberto Castagna, che era suo cognato. Scriverà tutti i suoi programmi, grandi successi popolari come Stranamore’ e ‘Scherzi a parte’, e poi va a lavorare per Paolo Vasile, allora gran capo degli studi del Palatino di Mediaset. Nelle file di Endemol viene accolto alla fine degli anni Novanta e diventa l’autore di punta. Romano farà l’adattamento spacca Auditel di ‘Affari tuoi”, firma tutti gli access prime time e i talk di Endemol e, insieme a Carlo Conti, inventa ‘I migliori anni’, che ha tenuto banco parecchie stagioni su Raiuno. Ed è a Endemol che nasce e si cementa lo stretto tandem con Tombolini sfociato nella Toro. “Abbiamo due esperienze complementari e a un certo punto è stato naturale fonderle in una cosa nostra”, dice Romano. “Probabilmente io non l’avrei mai fatto se non lo avesse fatto lui e viceversa lui senza di me. È stata una specie di simbiosi”. Per farsi largo Toro può contare sul catalogo Sony, ma il suo punto di forza è la joint venture con John De Mol che gli ha licenziato in esclusiva il catalogo Talpa e servito ‘The Voice’, il talent che tutte le televisioni si contendono. Sono quasi tutti Talpa gli show che Tombolini e Romano hanno prodotto per Rai, Mediaset e Sky facendo sponda, talvolta, con player di maggior peso sul mercato. Alla prima esperienza musicale con ‘The Voice’ si sono avvalsi della expertise di Gianmarco Mazzi, grande organizzatore della musica, e hanno coprodotto con Maria De Filippi il talent ‘The Winner Is’ trasmesso da Canale 5. Ma hanno anche realizzato diversi programmi pensati da loro, da ‘Attenti a quei due’ per Raiuno, di cui si sono finanziati interamente il pilota, al piccolo esperimento di divulgazione scientifica giovanilistica Insideout per Raidue, alla docufiction di tipo giornalistico ‘Le vite degli altri’ per La7, fino a ‘Bobo e Marco I re del ballo’ che va in onda su Sky Uno con i due calciatori Bobo Vieri e Marco Delvecchio. Nell’intervista che segue Tombolini e Romano tracciano il bilancio del primo pezzo di strada della Toro che ha iniziato la startup proprio mentre il mercato della televisione diventava una maionese impazzita. “La crisi l’avevamo messa in conto”, sottolinea Tombolini. “Convincere una multinazionale che c’è ancora una quota di mercato potenziale e che conviene investire in una società italiana è una sfida che non sono stato l’unico a valutare. Con i miei soci abbiamo ponderato tutti i rischi e deciso di correrli, vuoi vedendo il declino mondiale di alcuni big che l’avevano fatta da padroni negli anni Duemila, vuoi perché abbiamo un catalogo forte e alla fine questo lavoro si basa sui contenuti. Se hai belle idee vai avanti, se non ce le hai puoi avere tutti gli appoggi che vuoi ma alla fine collassi naturalmente”.

E voi siete gente di prodotto. Ne avete dato una grande prova con ‘Dea! Or No Deal’, che nella versione completamente rivisitata da voi due, ‘Affari tuoi’, è stato venduto da Endemol dappertutto ed è diventato un fenomeno mondiale. Come andarono le cose?

Marco Tombolini – Bisogna dare onore al merito a Marco Bassetti e Fabrizio Del Noce che tirarono le fila dell’operazione e la portarono a buon fine. Si cercava un format da access prime time per Raiuno e scovammo `Deal Or No Deal’ che allora era un game di prima serata

olandese che andava in onda col nome di ‘La caccia al milione’ e la cui parte finale era in nuce l’”Affari tuoi’ che conosciamo. Pasquale lo studia e propone di farne un programma rielaborando quest’ultimo segmento del game. Facemmo il pilota. Bassetti fu bravissimo a convincere Bonolis e lo vendemmo alla Rai come striscia quotidiana. Ma ci si dimenticò di informare De Mol che quando lo venne a sapere divenne un belva perché voleva assolutamente che restasse un game da prima serata. Fummo sotto scopa finché ‘Affari tuoi’ debuttò e nel giro di tre, quattro mesi raggiunse il 45% e stracciò ‘Striscia’. A quel punto De Mol divenne l’uomo più felice del mondo perché tutti all’estero chiedevano la nostra versione. Pasquale Romano Osservando il grafico dell’Auditel del programma originale mi accorgevo che era completamente piatto e nel gioco finale fatto con delle valigie faceva il botto. Alle valigie ho sostituito i pacchi. Sono napoletano e il pacco a Napoli è la ‘sola’: mi piaceva l’idea che si potesse aspirare a una grossa vincita e alla fine ci si ritrovasse con un pacco. Così ho pensato di ‘soappizzare’ il meccanismo facendo giocare l’Italia intera con l’invenzione delle Regioni.

Diciamo che l’accoppiata di un produttore con un autore è inedita nei nostri gruppi produttivi. Romano, perché un autore decide di fare il produttore?

P. Romano Continuo a fare l’autore ma sono diventato anche un producer, cioè un produttore creativo, che è una figura di cui in Italia sono forse il primo caso ma che è molto usuale all’estero. Mi occupo, cioè, di una società che è anche mia e ne controllo i contenuti: se vogliamo è una aspirazione più libera in un mercato che tende a restringersi. Questo lavoro in fondo lo facevo già in Endemol ma è come passare da una casa in affitto a una casa di proprietà che ti costruisci secondo la tua immagine. Alla fine è anche una questione di stimoli. Un creativo ha bisogno di porsi di fronte degli obiettivi e fare il producer è un salto ulteriore all’interno della mia carriera.

Senta Tombolini, quando si dice Toro di che asset stiamo parlando?

M. Tombolini Nonostante siamo parte di un colosso internazionale abbiamo le dimensioni di una piccola società. Questo è stimolante perché tutti fanno tutto senza nascondersi dietro roboanti titoli e strutture. Nessun collaboratore ha il proprio ufficetto e più persone condividono spazi e competenze. Nella nostra sede romana lavorano una decina di dipendenti fissi e un contorno di stagisti, freelance, collaboratori, e realizziamo un fatturato annuo di circa dieci milioni. E abbiamo anche in embrione quello che chiamiamo format department. Sugli sviluppi e adattamenti c’è Pasquale, Francesca Tomasin fa le acquisizioni. Se c’è una bella idea in casa la sviluppiamo, se ce n’è una migliore sul mercato la opzioniamo.

P. Romano Lavoro con stagisti e, se devo mettere su un pilota, mi scelgo gli autori che mi piacciono sul mercato. Il modello dell’autore in esclusiva che funzionava dieci anni fa ha perso di senso oggi e c’è più tensione creativa se non c’è la garanzia dello stipendio fisso.

Il vostro socio di controllo è Sony, che ha un grande know-how cinematografico, ma conosciamo meno come opera nella produzione di intrattenimento.

M. Tombolini La Sony è una grande conglomerata che spazia dall’elettronica ai telefonini, dai film alla musica, ma non aveva una presenza sull’intrattenimento fino a poco prima che siamo nati noi. In quel momento confluirono nel gruppo diversi manager di Endemol, per esempio Mike Morley, che era stato capo della divisione creativa della holding olandese, o Kees Abrahams, fondatore di 2waytraffic. Così Sony decide di giocare la partita e in pochissimo tempo mette insieme un bel gruppo di produttori in diversi Paesi, Usa, Uk, Francia, Germania, Medio Oriente, Russia, noi in Italia, e continua a espandersi. Credo che come sempre accade le società siano fatte dalle persone che vi lavorano. In Sony vedo gente che non deve difendere posizioni ma conquistarne di nuove. Questo è un enorme vantaggio e nel campo dell’intrattenimento trovo lo stesso spirito pionieristico che ha portato Sony a essere un colosso mondiale nel cinema e nella fiction. Il suo catalogo si sta rafforzando, si stanno facendo grandi investimenti in creatività e nella ricerca prodotto e, come in tutti i grandi gruppi, si organizzano meeting creativi periodici nei quali le società in una casa senza potersi vedere. L’unico momento in cui s’incontrano è nel ‘Bleck Box’, una stanza completamente buia. Qui i sei possono conoscersi attraverso i cinque sensi, naturalmente con l’esclusione della vista. Grazie alle telecamere a infrarossi i telespettatori possono vedere tutto. Collegate presentano e si scambiano idee e progetti e a cui partecipiamo anche noi.

P. Romano Il game Stand Out From The Crowd’, per esempio, che è poi diventato ‘Uno su tutti’ ed è stata una delle nostre prime produzioni per Sky, è nato proprio in una di queste riunioni. C’era un inglese che aveva prodotto questa puntata pilota, noi l’abbiamo presa e sviluppata, producendone una serie per primi. Anche ‘Attenti a quei due’, che è un format creato da noi all’interno di una logica collegiale è stato poi distribuito da Sony in diversi paesi.

Ma gran parte degli show Toro che sono andati in onda, per esempio ‘Appuntamento al buio’, ‘I Love Italy’, ‘The Winner Is’ e soprattutto ‘The Voice’, provengono dal catalogo Talpa, di cui voi avete l’esclusiva italiana. Ha stupito che De Mol abbia deciso di affidarsi a voi.

M. Tombolini De Mol è uno che sceglie la persona, non la società. In Francia ha una collaborazione tipo la nostra con Shine, in Medio Oriente con Sony, negli Usa con Mark Burnett, il produttore di ‘Survivor’, e io ho chiuso l’accordo cori lui prima che nascesse ‘The Voice’.

Ha avuto fiuto nel puntare le sue fiches, dato che `The Voice’ è ora il vostro programma più forte. Andato in onda su Raidue questa primavera, sarà certamente riproposto la prossima. A Talpa saranno contenti…

M. Tombolini Molto. ‘The Voice’ ha raddoppiato la media di Raidue in linea con il trend degli altri `The Voice’ nel mondo. Abbiamo fatto un adattamento molto ben bilanciato rispetto alla rete e non inferiore come qualità a quello inglese o francese. Lo spagnolo ha fatto un botto di ascolti (45% su Telecinco: ndr) ma francamente il nostro era molto più bello e moderno anche nei montaggi e nei filmati. Questa esperienza ci ha fatto capire come il mercato italiano abbia alcune peculiarità, considerando che per convincere una rete a produrre ‘The Voice’ sono dovuti passare un direttore generale e due direttori di rete. Alla fine è solo grazie all’intuito dì Gubitosi, Leone e Teodoli se l’operazione è andata felicemente in porto. A Talpa erano felicissimi.

P. Romano La struttura del programma è rimasta uguale all’originale ma l’intuizione vincente è stata quella di creare per Raidue un cast che fosse da una parte giovanile nelle scelte e nella qualità di giovani talenti e dall’altro avesse personaggi e anche un repertorio canoro più nazionalpopolare. Il crinale era rischioso ma abbiamo trovato la chiave giusta che ha ringiovanito il pubblico di Raidue e superato una certa soglia di ascolto che era indispensabile per un programma più costoso dello standard della rete.

È un programma Talpa anche ‘The Winner Is’, che è andato in onda lo scorso autunno su Canale 5 e che avete coprodotto con Fascino. Come si lavora con Maria De Filippi?

P. Romano Bene. Si è fidata del nostro know-how per la parte `game’ e abbiamo insieme fortemente rivisitato il format originale, insistendo per avere un vincitore finale per ogni puntata, che non era previsto. Maria si è occupata del casting mettendo in campo la macchina efficientissima del cast di ‘Amici’, sempre accesa. Così siamo entrati in studio e nel giro di due mesi siamo riusciti a fare le quattro puntate.

M. Tombolini E, poi, Maria ha un intuito fenomenale sui contenuti. Si comporta come ti aspetteresti da un direttore di rete e, secondo me, sarebbe un bravissimo direttore generale di un’azienda televisiva.

Producete anche programmi originali italiani, anche quest’ultimo che è in onda su Sky Uno, ‘Bobo e Marco I re del ballo’, lo avete scritto con Milly Carlucci. Ma sono rari in Italia. C’è un problema di creatività?

M. Tombolini Vede, paradossalmente a un creativo converrebbe vendere e mandare in onda il formato all’estero e poi proporlo ai broadcaster di casa perché in quel caso sarebbe tutelata la sua proprietà intellettuale. Se tu ti presenti in Italia con un pilota la rete ti chiede la metà del diritto solo per mandarlo in onda e se va male neanche ti pagano la licenza, e si prendono la distribuzione internazionale. Da noi poi un programma lo si concepisce fondamentalmente per la messa in onda domestica. Gli olandesi invece sono fantastici perché pensano il prodotto per venderlo nel mondo. E investono moltissimo: De Mol credeva talmente tanto in The Voice’ che se l’è finanziato interamente e si è tenuto lui tutti i diritti.

P. Romano In Italia non mancano le idee, manca la capacità di pensarle, strutturarle e rappresentarle in un programma in tutte le sue sfaccettature. Di idee ce ne sono tante, ma come le metti in scena fa la differenza perché la televisione ha consumato talmente tanto materiale che è quasi impossibile inventare una cosa Medita. Quello che si può fare è però esprimerla in un linguaggio nuovo.

Per Sky avete prodotto anche ‘Appuntamento al buio’, ‘Uno su tutti’. Vi trovate a vostro agio nel modello del basso costo?

M. Tombolini È interessante anche per la creatività capire come creare contenuti che siano efficaci ma con budget limitati oppure trovare formule miste. La rete paga solo una parte del programma e poi per il resto vai sul mercato e finanzi col branded entertainment, product placement o altre formule. Branded content pesanti non ne abbiamo ancora fatti, ma è un segmento di mercato interessante perché non è più la rete che paga ma anche un’azienda. Per i produttori può essere una bella sfida. Credo però che il contenuto venga prima, quindi crearlo per compiacere il committente a noi non interessa. Se riesco a coinvolgere un’azienda in un progetto organico che valorizzi al meglio anche il suo prodotto è una strada da percorrere.

P. Romano Lo show dì Bobo e Marco Io abbiamo prodotto con sforzo di produci placement cercando sponsorizzazioni nelle compagnie aeree perché nel programma c’è il viaggio. Anche qui a guidare è il prodotto, poi si può riflettere sulle opportunità commerciali possibili. Personalmente preferisco ancora il product placement perché accoglie i marchi ma dà priorità al contenuto.

Dovevate aprire una società in Spagna, ma avete fatto una toccata e fuga.

M. Tombolini Abbiamo avuto un rapporto conflittuale. All’inizio avevamo molto entusiasmo nel provare a sfondare, poi ci siamo resi conto delle difficoltà: la Spagna è un mercato in crisi, producono tivù a prezzi e a una qualità più bassi di quelli italiani. Alla fine abbiamo deciso di concentrarci sul nostro mercato. Ma non è detto che in futuro non ci torneremo.

Guardate anche oltre la televisione pensando a dei contenuti per Internet?

M. Tombolini È un mondo che guardiamo con interesse e discutiamo già da un po’ come approcciarlo anche perché Sony negli Usa ha il portale Crackle dove rilancia le serie che produce per la tivù ma anche contenuti fatti apposta per Internet. Abbiamo visto cose molto interessanti che abbiamo cercato di proporre anche alle reti televisive. Realisticamente però sono convinto che Internet non sia il nostro core business né saranno i produttori televisivi a inventare il nuovo Ruzzle (il giochino che sta spopolando su iPhone e che Gerry Scotti vuol portare in televisione: ndr).

Perché pensa questo?

M. Tombolini Me lo ha insegnato la stessa storia di Endemol. Dopo ‘Grande Fratello’ tutte le compagnie telefoniche si erano illuse che i contenuti nuovi per il futuro digitale, siti, telefonini, eccetera, sarebbero arrivati dai produttori televisivi. Per questo Telefonica pagò uno sproposito per comprarsi Endemol che invece non inventò niente di quel genere. Poi un ragazzino in un garage in Svezia si inventa ‘Angry Birds’ e un altro in California ‘Instagram’, app che spaccano il mondo. Non c’è in tutto il globo un produttore di contenuti televisivi che sia diventato un produttore di successo di Internet. Noi possiamo solo inseguire. Rispetto a quei ragazzi siamo già vecchissimi, legati a un modello di business molto costoso e sovrastrutturato. Internet, al contrario, è proprio la forza del contenuto senza mediazioni.