Pubblicato il 06/03/2013, 16:32 | Scritto da La Redazione

RAFFAELLA CARRÀ: DA HOLLYWOOD A “THE VOICE”, 50 ANNI DI CARRIERA SENZA PRECEDENTI

RAFFAELLA CARRÀ: DA HOLLYWOOD A “THE VOICE”, 50 ANNI DI CARRIERA SENZA PRECEDENTI
Negli anni Sessanta recitava con Frank Sinatra, poi i grandi varietà Rai, il boom degli anni ’80, la “fuga” in Spagna e oggi il grande ritorno con il nuovo talent show di Rai2. Il nostro blogger verificatore racconta la storia della «Signora della tv italiana», con una serie di video esclusivi. Forte deve essere stato […]

Negli anni Sessanta recitava con Frank Sinatra, poi i grandi varietà Rai, il boom degli anni ’80, la “fuga” in Spagna e oggi il grande ritorno con il nuovo talent show di Rai2. Il nostro blogger verificatore racconta la storia della «Signora della tv italiana», con una serie di video esclusivi.

Forte deve essere stato lo stupore degli spettatori televisivi americani quando, nel settembre del 1966, si sono imbattuti in questa scena tratta dalla serie giallo-rosa Le Spie, con protagonisti due agenti dell’intelligence americana impegnati a combattere la guerra fredda, seducendo belle ragazze e avvelenando quelle brutte. La spia: «Tu sei Sophia Alexandra Scott. Sono tuo padre». Sophia: «Quello che mi mandava 30 dollari ogni mese e scriveva quelle bellissime lettere». Segue abbraccio strappalacrime tra i due sulle struggenti note di violini, anch’essi poco convinti della verosimiglianza della scena. Sì, perché i protagonisti di questa «carrambata ante-litteram» sono nientemeno che Bill Cosby, il futuro capofamiglia dei Robinson, la sitcom americana più famosa degli anni ’80, e Raffaella Carrà, che qui impersona la «figlia del peccato», nata probabilmente durante l’occupazione degli alleati quando Bill prestava servizio nella MP (guarda il video).

L’assurdità della scena è quindi doppia perché siamo di fronte a una sorta di «Tammurriata bianca» in cui la bimba non è di colore, ma magicamente color latte. A dirla tutta, in realtà, una spiegazione c’è e sconfina nell’eugenetica. Gli italiani poveri del Sud emigrati in Nord America all’inizio del 1900 venivano etichettati come «negroidi», perché secondo gli anglosassoni il dna delle genti mediterranee conteneva una percentuale di sangue africano. Famoso è l’episodio di un giudice di New Orleans che negli anni ’20 non condannò un nero accusato di stupro perché la vittima non era bianca, ma siciliana!  
 

Sophia-Raffaella è una delle tante curiosità in cui ci si imbatte ripercorrendo l’incredibile e davvero unica carriera della signora Pelloni, in arte Carrà, nata il 18 giugno 1943 e prossima quindi ai 70 anni. Settant’anni travolgenti di successi che l’hanno eletta regina del pop italiano, spagnolo e sudamericano e mille altre cose. La Carrà sa infatti ballare, cantare, intervistare e fare miracoli, come vedremo. A farle difetto è l’ironia perché come afferma il suo ex compagno e image-maker Gianni Boncompagni: «La popolarità non si sposa con l’ironia”» una legge dello spettacolo valida tuttora soprattutto in un Paese in cui apparentemente si ride di tutto, ma che poi si rivela permalosetto se attacchi i totem e i tabù.  
 

Raffaella Carrà li ha sfidati tutti questi tabù, uscendo sempre vincente. L’episodio americano fa parte del suo periodo magico nel regno della 20th Century Fox quando fu messa sotto contratto a metà anni ’60 da Hollywood, dopo che il figlio del produttore Darryl Zanuck la vide a Roma in uno spettacolo tv. Oltre al ruolo nella serie tv I Spy, la Carrà diventa famosa in quel periodo recitando accanto a Frank Sinatra nel film Il colonnello Von Ryan, ma nonostante il successo del film preferisce tornare in Italia e a tutti quelli che le chiedono cosa fosse successo tra lei e The Voice puntualizza: “E’ stata solo una simpatica amicizia”. L’amore in quegli anni è tutto per il calciatore della Juventus e della Nazionale Gino Stacchini, romagnolo come lei. La storia però è di quelle controverse. Secondo le cronache dell’epoca, la Carrà intrecciò una relazione non con Stacchini, ma con il suo sosia, in realtà uno “stalker” e per giunta padre di famiglia. Raffaella fu testimone al processo. 
 

La sua gavetta tra film di serie A e B, sceneggiati e spettacoli teatrali è lunga e anche se di particine ne colleziona tante può dire di aver lavorato anche accanto a giganti del palcoscenico, del cinema e della musica come Gianmaria Volonté, Marcello Mastroianni, Gino Cervi, Domenico Modugno, Macario, Alberto Lionello, Lelio Luttazzi, Giulio Bosetti e tanti altri (guarda i video degli esordi).


Nel 1968 arriva la grande occasione con I promessi sposi di Sandro Bolchi, ma all’ultimo momento viene scelta Paola Pitagora e Raffaella dovrà aspettare ancora un paio d’anni prima di esplodere con Canzonissima. È in questo varietà del sabato sera che la Carrà mostra l’ombelico agli italiani, vent’anni prima di Madonna, anticipando praticamente tutto quello che Lady Ciccone farà negli anni ’80. Cos’è infatti il Tuca Tuca (in origine doveva chiamarsi Touch Touch) se non la versione parrocchiale di Like a Virgin? La Carrà diventa popolarissima perché per l’uomo italiano rappresentava quell’ideale di donna un po’ santa un po’ mignotta non esageratamente bella, ma nemmeno una racchia da nascondere agli amici. In più piaceva a bambini e nonni, riuscendo quindi ad acchiappare praticamente tutte le fasce di pubblico.  Con Canzonissima nasce una stella e gli sponsor se la contendono a peso d’oro. Tra questi anche l’Agip che ingaggia addirittura Richard Lester, regista della Swinging London e dei Beatles, per dirigere i caroselli SuperCorteMaggiore con protagonista la venere tascabile nata a Bellaria. E mentre l’Italia è ancora in bianco e nero, Raffaella comincia a varcare l’oceano e diventa Madonna Pellegrina a colori in Sudamerica, vendendo milioni di dischi in Cile, Paraguay, Messico, Argentina. In Europa è la regina di Spagna, ma un suo hit A far l’amore comincia tu scala anche le classifiche tedesche e inglesi portandola, unica artista italiana dell’epoca, nel programma Top of the Pops. 
 

Nel 1978 la Rai le fa uno scherzetto di cattivo gusto. Il 18 marzo il leader della DC Aldo Moro viene sequestrato dalle BR, ma la Tv di Stato manda comunque in onda la terza puntata di Ma che sera, lo show che la vede primadonna accanto ad Alighiero Noschese e la coppia Paolo Panelli-Bice Valori. «Chiesi di non mandarla in onda, c’ero io che cantavo Com’è bello far l’amore». I dirigenti Rai le risposero che serviva ad alleggerire la tensione, ma per la vergogna se ne andò per qualche tempo fuori dall’Italia. Lo show va in onda tagliato, soprattutto per la parte delle imitazioni satiriche di Noschese, ma rimane intatta tutta quella vena folle che accompagna il mondo di Raffaella, a partire dall’assurda sigla in cui canta «la mia vita è un roulette i miei numeri tu li sai  / il mio corpo è una moquette dove tu ti addormenterai / Ma girando la mia terra io mi sono convinta che non c’è odio non c’è guerra quando a letto l’amore c’è / Com’è bello far l’amore da Trieste in giù / com’è bello far l’amore io son pronta e tu…». Il celebre ritornello fa arrabbiare i triestini che denunciano la brutale esclusione da questa guerra dei sensi scatenata dalla Carrà che, nella sigla firmata dal “Bonco”, fa l’amore con tutta l’Italia, ma in miniatura. Il programma rimane nell’immaginario anche per merito dello straordinario Luca Sabatelli (è lui il Luca dell’omonimo canzone), costumista e suo personale curatore dell’immagine che liberò tutti i suoi freni inibitori confezionando la Carrà in tutti gli stili possibili: punk, gay, camp, kitsch, fetish, drag queen e persino vestita da monaca in reggicalze. Di questa versione, è rimasta solo un’immagine rimpicciolita causa censura (guarda i video del successo). 


Imitata dai travestiti di tutto il mondo, la Carrà è ovunque, persino sui fumetti “sporchi”, così come venivano chiamati quelli per adulti. Uno di questi fu pubblicato in Francia con il titolo Raffa e la copertina mostra la Pelloni in shorts di pelle nera a cavallo di una motocicletta con lo sfondo del Cupolone di Piazza San Pietro. La boa dei 40 anni non appanna il suo successo: nel 1984 l’esito di un sondaggio del RadioCorriere Tv fa scandalo proclamandola «più amata degli italiani» assieme a Giovanni Paolo II e Sandro Pertini. Ogni giorno ci sono oltre 10 milioni di telespettatori a guardarla nel suo salotto di Pronto Raffaella? in cui gioca al quiz dei fagioli, intervista i politici del pentapartito, guarisce i bambini e si dimena al ritmo di Fatalità. Berlusconi le offre ponti d’oro, ma dice di no perché la Fininvest non ha ancora la diretta. Il risultato è però quello di far lievitare il cachet facendo incazzare il segretario del Psi Bettino Craxi per il rinnovo del contratto di 5 miliardi. «Questo contratto è immorale, è una vergogna per gli italiani» tuonò Craxi, lo stesso che sarà travolto dalle monetine e dal coro «Vuoi pure queste» sotto l’hotel Raphael a Roma dieci anni dopo. L’accusa di spreco di denaro pubblico la muoverà ufficialmente con un esposto alla procura di Roma anche un altro parlamentare particolarmente rampante: il giovane deputato Radicale Francesco Rutelli, che chiederà conto dei costi faraonici della tournée americana del programma Buonasera Raffaella del 1986, che comprendevano anche una vasca idromassaggio king-size nel camerino. Memorabile la reazione del segretario DC Ciriaco De Mita, all’epoca padre-padrone di Rai1: «E mica possiamo fare la figura degli straccioni».

Certo, la Carrà è sempre stata abituata ai comfort, ma da megalomane qual è (del resto, proviene da una regione dove l’opera lirica e il circo equestre sono di casa) pretende e ottiene un alloggio un po’ particolare: la suite più costosa dell’Hotel Pierre della Grande Mela dove soggiornò a lungo Michele Sindona, il padre di tutti i faccendieri italiani. «Lo strapotere dei divi contro l’etica del servizio pubblico», come lo definisce all’epoca il presidente Rai in quota Psi Enrico Manca, costringe la Carrà di lì a poco a cedere al Biscione. Il culmine delle polemiche si raggiunge nel 1986, quando durante una puntata di Domenica In Manca la rimprovera di fare un uso privatistico del mezzo tv per aver replicato a un settimanale scandalistico che l’aveva accusata di aver trascurato la madre degente in ospedale.

L’esperienza con Canale 5 in Raffaella Carrà Show e Il Principe Azzurro è all’insegna del gigantismo sfarzoso, tipico di quegli anni, e come per Baudo anche in questo caso il pubblico non la prende bene. In Rai è nata e lì deve rimanere. Raffaella «ricomincia da due» per poi tornare sulla rete ammiraglia con le «carrambate», termine tra l’altro inserito nei dizionario dei neologismi di Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, una trascurabile edizione di Sanremo e un programma sulle adozioni internazionali (guarda i video della maturità).

La regina del sabato sera con il suo stile ha scritto numerose pagine della televisione italiana e da giovedì 7 marzo sarà di nuovo sugli schermi di Rai2 con il talent show The Voice accanto a Riccardo Cocciante, Piero Pelù e Noemi. A quasi 70 anni è la sua ennesima sfida al tempo che passa e forse a un modo di fare spettacolo che non c’è più. Le lacrime, il sangue e il sudore di una volta erano tenute nascoste dai brutti anatroccoli, che poi davano il meglio di sé come cigni sul palcoscenico. Da quindici anni ormai le lacrime, il sangue e il sudore costituiscono materia di spettacolo dei reality e dei talent show, rappresentando un basso espediente emotivo per catturare il pubblico. Ma tutto sommato è sempre meglio «una lacrima sul viso» per cantare, anziché per far ricongiungere due parenti che forse non avevano tutta questa voglia di riabbracciarsi.

 

twitter@LucaMartera 

 

(Nella foto Raffaella Carrà nello studio di The Voice)