Pubblicato il 01/03/2013, 13:41 | Scritto da La Redazione

UN PUPAZZO AL PARLAMENTO MESSO DALLA CIA: LA TV INGLESE PARLA DI GRILLO O DEL FUTURO?

UN PUPAZZO AL PARLAMENTO MESSO DALLA CIA: LA TV INGLESE PARLA DI GRILLO O DEL FUTURO?
Attenzione spoiler: non proseguire nella lettura se non vuoi conoscere la trama di “The Waldo Moment”.  Attenzione spoiler: non proseguire nella lettura se non vuoi conoscere la trama di The Waldo Moment. Produttore televisivo: «Il mondo non ha bisogno dei politici. Tutti hanno un iPhone o un computer, giusto? Quindi, per qualunque decisione o questione […]

Attenzione spoiler: non proseguire nella lettura se non vuoi conoscere la trama di “The Waldo Moment”. 

Attenzione spoiler: non proseguire nella lettura se non vuoi conoscere la trama di The Waldo Moment.

Produttore televisivo: «Il mondo non ha bisogno dei politici. Tutti hanno un iPhone o un computer, giusto? Quindi, per qualunque decisione o questione politica basterà mettere tutto on line. Facciamo votare al popolo: pollice in su, pollice in giù e la maggioranza vince. Questa è vera democrazia».
Comico: «La democrazia c’è anche su YouTube. Ma non so se l’hai visto: il video più popolare è di un cane che suona la sigla di Happy Days scoreggiando». Produttore: «Immagina cosa succederebbe se ci levassimo i politici dai coglioni».

A parlare non sono Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, ma i protagonisti dell’ultimo episodio di Black Mirror (Lo specchio nero) dal titolo The Waldo Moment (Il momento di Waldo) andato in onda sulla britannica Channel 4 lunedì scorso, 25 febbraio, in prima serata. Channel 4 è un network commerciale e corrisponde un po’ alla nostra Italia1. La sua programmazione, in diretta concorrenza con i canali pubblici della BBC, offre prodotti particolarmente audaci e innovativi sul piano del linguaggio e dei contenuti. Ne è un perfetto esempio questo Black Mirror, serie vagamente ispirata al classico Ai confini della realtà, che mescola elementi di fantascienza distopica, dramma e humor nero made in UK. La prima stagione della serie, composta di tre episodi, ha debuttato nel dicembre 2011, mentre la seconda si è appena conclusa con la messa in onda del terzo episodio dedicato a Waldo, nello stesso giorno della vittoria alle urne di Grillo.

Produttore televisivo: «Il mondo è alla frutta e tu puoi fare qualcosa per cambiarlo. Waldo fa breccia tra i più giovani. E i giovani se ne fregano di tutto tranne comprarsi scarpe e scaricare film. Voterebbero per lui». Comico: «Il video è imbarazzante. Ho solo urlato, a malapena scandivo le parole». Produttore televisivo: «Waldo non è reale, ma lo è più di tutti gli altri. Non crede in niente, ma almeno non fa finta di farlo».

Il produttore conosce bene i giovani perché anche Black Mirror, come tutti i film e le serie tv, è già disponibile a meno di 24 ore dalla messa in onda per essere scaricata – illegalmente, si capisce – e vista in tutto il mondo.  In Italia la prima serie è sbarcata su SkyUno nell’ottobre 2012, quindi dieci mesi dopo la prima messa in onda inglese, ma i tre episodi erano stati già visti da chi è ormai abituato da anni a scaricarsi tutto e subito, senza aspettare mesi per la versione doppiata da dare in pasto ai bolliti pseudo-guru della critica televisiva nostrana, che si accorgono fuori tempo massimo delle cose belle che passano all’estero.

Waldo è un orsetto blu animato in computergrafica, che diventa popolare nei talk show televisivi e su YouTube, grazie al suo linguaggio sboccato e anti-sistema.  A dargli la voce è un giovane comico che, sull’onda dei consensi, viene chiamato a confrontarsi in diretta con il candidato del partito conservatore al parlamento nazionale. «Sei una presa in giro, sembro più umano io di te. Io sono un orso finto col cazzo color turchese. E tu cosa sei? Sei solo una mentalità vecchia con una pettinatura nuova. Dai per scontato di essere superiore perché io non ti prendo sul serio. Nessuno vi prende sul serio». Dopo aver incassato gli insulti, il parlamentare comincia a leggere al pubblico la biografia del comico al quale dà del fallito e frustrato perché non è riuscito a raggiungere il successo dei suoi ex colleghi. E qui il ricordo non può che andare alla lettura di Berlusconi della biografia di Marco Travaglio a Servizio Pubblico, ma di punti in comune con la realtà italiana ce ne sono ancora molti.

Produttore: «Siamo su Twitter e nelle news dei tg. Hai visto i sondaggi? Sei al terzo posto, hai superato quell’idiota liberal-democratico. La gente è incazzata per come vanno le cose. E Waldo è il loro portavoce.  Vogliono che partecipiamo a Consensus. Ci sono dei gruppi su Facebook che incitano Waldo a formare un partito nazionale». Consensus sarebbe un po’ il nostro Ballarò e Waldo partecipa mettendo alle strette l’anchorman, grazie all’aiuto del suo team che gli fornisce all’istante citazioni, dati statistici e fact-checking, proprio come si pensa abbia fatto via sms Giorgio Gori con Matteo Renzi per il confronto su Sky dei candidati alle primarie del Centrosinistra. Risultato: Renzi è rimasto a casa, così come Gori, ex direttore di Canale 5 ed ex presidente-produttore tv di Magnolia, non ce l’ha fatta a farsi eleggere parlamentare nel suo collegio elettorale di Bergamo.

Tornando alla fiction, l’affare s’ingrossa. Waldo, cioè il suo creatore, e il produttore partecipano a un incontro segreto con un emissario della Agency venuto da Washington. L’uomo della Cia arriva subito al dunque: «Se pensate ai politici umani, vi viene subito il ribrezzo, giusto? Waldo non esiste e con lui neanche i suoi difetti. Waldo è un’astrazione che le persone non solo accettano, ma vogliono veder realizzata. Ora come ora batte sul chiodo dell’antipolitica, che a suo modo è comunque una scelta politica, però potrebbe veicolare contenuti politici di ogni tipo senza le imperfezioni di un essere umano in carne e ossa. Ovviamente non vincerete: nella percezione comune siete volgari e proponete cose assolutamente irrealizzabili con tutti quei discorsi antisistema stile democrazia di merda. Ma con slogan mirati che offrono speranze alla gente e che possiamo fornirvi noi, potete dare nuove motivazioni a chi non crede nella politica, senza spaventare i moderati. Attraverso questa nuova piattaforma avrete in mano un prodotto di intrattenimento politico globale, proprio quello che la gente vuole. E noi lo esporteremo su scala mondiale». Comico: «Come le Pringles?». Uomo della Cia: «Sì».

Questo passaggio chiave potrebbe dare la stura a interpretazioni e dietrologie sul vero movente che c’è dietro il Movimento 5 Stelle, ma ladies&gentlemen, questa è fiction! E l’autore-produttore ha un nome e cognome: Charlie Brooker. Chi lo paga? La Zeppotron, società di produzione di proprietà della Endemol, la casa madre olandese presente da 15 anni anche in Italia con i suoi format e appartenuta anche a Berlusconi. Brooker ha dimostrato con Black Mirror di vedere lontano, ma sicuramente è a digiuno in fatto di storia, politica e media italiani.  Con la vittoria alle elezioni del M5S, il nostro Paese si conferma infatti ancora una volta come il laboratorio ideale di esperimenti politici in ambito europeo: prima con il fascismo tout court di Mussolini, poi con il tele-fascismo di Silvio Berlusconi e infine con il web-fascismo, travestito da democrazia, di Grillo e Casaleggio. Quest’ultima è solo una definizione tecnica. A giudicare il milionario e il guru dell’azienda di pubblicità col bilancio in rosso saranno nelle prossime settimane i fatti, tuttavia ci sono delle coincidenze sinistre molto interessanti.

Risale a qualche settimana fa la notizia divulgata dal corrispondente della Stampa di New York, Maurizio Molinari, dell’incontro riservato (o segreto?) tra l’ex ambasciatore americano in Italia Donald Spogli e Beppe Grillo nel 2008 durante il quale l’ex comico spiegò il progetto politico del M5S. Proprio ieri era a Roma il Segretario di Stato americano di fresca nomina John Kerry ha incontrato i rappresentanti delle forze politiche italiane uscite vincitrici dalle elezioni. Trasgredendo uno degli imperativi categorici del M5S – la trasparenza – anche Grillo ha ricevuto la benedizione di Kerry, forse via Skype, ma i particolari del colloquio non sono ancora trapelati. Un fatto però è certo: gli americani non hanno paura di Grillo, forse perché è dalla loro parte? Se a parole è anti-sistema e addirittura contro il signoraggio e il dominio della finanza internazionale, come mai il Dipartimento di Stato gli ha dato “semaforo verde”? Una risposta ce l’ha fornita, seppur in chiave romanzata, l’uomo della Cia, al quale va collegata l’interessante analisi post-voto di Wu Ming. Secondo il collettivo di scrittori italiani, Grillo non ha spaventato i mercati perché lui stesso ha sempre rassicurato: «Se non ci fossimo stati noi, in Italia il consenso sarebbe andato a partiti estremisti come Alba Dorata in Grecia». L’Italia è, tuttavia, la patria dell’omicidio politico, della strategia della tensione e della “macelleria messicana” della Diaz. Quelli di Wu Ming fanno notare che solo nel nostro Paese, non ci sono state le proteste di piazza degli indignados e di Occupy ma, aggiungo io, solo le file per acquistare l’ultimo modello di iPhone.

 
A questo proposito, il produttore dell’episodio di Black Mirror, dopo aver litigato con il comico che non ne vuole più sapere di Waldo, teorizza l’evoluzione della creatura: “L’app per votare Waldo riesce a localizzarti via gps, così quando sei nel seggio elettorale sblocca un sacco di roba gratis, come magliette e cappellini”. E alla fine Waldo ce la fa a diventare “onorevole”. Candidato come indipendente, arriva terzo, dopo l’esponente conservatore che aveva attaccato nei talk-show e la giovane laburista senza ideali con cui l’animatore del pupazzo aveva avuto una relazione. Ultimo, e quindi non eletto, è il candidato progressista. “Grazie per aver votato, testa di cazzo!” urla con ghigno sprezzante Waldo dalla sua app in cui invita nel contempo a comprare gadget. Pensandoci, al confronto forse sarebbe da rivalutare qualche slogan di Cetto Laqualunque, anche se poi nella realtà, prima dei Vaffa di Grillo c’era stato veramente un pupazzo che nel 1997 sfidò Antonio Di Pietro, Sandro Curzi e Giuliano Ferrara nel collegio elettorale del Mugello a Livorno. Quel pupazzo c’è ancora e si chiama Gabibbo. Il simbolo del partito rappresentava il Gabibbo nascente, il Gabibbo dell’avvenire. Lo slogan elettorale era: “Più populista di Antonio Di Pietro, più pelato di Sandro Curzi e più rosso di Giuliano Ferrara. Se dovete votare un Gabibbo, votate l’originale!”. Dopo alcuni comizi tenuti in Toscana, la candidatura del pupazzo di Striscia venne ritirata in seguito al terremoto in Umbria e nelle Marche. In questa occasione la creatura di Antonio Ricci si fece seria e denunciò l’inutilizzo dei moduli abitativi costati miliardi alla Protezione Civile e rimasti seminascosti e abbandonati sui binari nel paesino di Pizzighettone, in provincia di Cremona (guarda il video). Ma quale fu la provocazione? Il “Comitato di solidarietà S.O.S Gabibbo-Terremoto” lanciò una raccolta fondi a favore dei terremotati e in pochi mesi  le somme raccolte (più di 500 milioni di lire) vennero consegnate dal Gabibbo direttamente ai Governatori delle Marche e dell’Umbria, tanto che quest’ultimo commentò così: “Il Gabibbo è più puntuale del Governo nel consegnare i soldi per i terremotati”. Al confronto col Vendicatore Rosso, Waldo è poco più che un poppante…

twitter@LucaMartera 

 

 

 

(Nella foto una scena di The Waldo Moment)