Pubblicato il 19/02/2013, 14:02 | Scritto da La Redazione

SPECIALE ELEZIONI: QUANDO LA TV SI MANGIÒ LA POLITICA, I PRIMI PASSI DI CLEMENTE MASTELLA ED EMMA BONINO

 

Continua lo “Speciale elezioni” di TVZOOM, con il nostro blogger-verificatore, che attraverso video esclusivi oggi racconta la parabola televisiva degli ultimi anni di due veterani del Parlamento.

I politici italiani hanno capito molto tardi che la tv poteva spostare voti e che assieme al calcio e alle canzonette poteva essere usata come arma di propaganda.
 Gli anni ‘80 sono stati il banco di prova per sperimentare queste tecniche che Silvio Berlusconi porterà alle estreme conseguenze nel 1994 diventando il primo «media mogul» a essere eletto capo di un Governo democratico.

 Prima di lui e Beppe Grillo, solo il fondatore e leader storico del Partito Radicale Marco Pannella aveva sperimentato con successo queste armi, se per scopi nobili o meno nobili non è questa la sede per stabilirlo.

Un uso glocal di quelle che oggi molti definirebbero «armi di distrazione di massa» ne ha fatto anche Clemente Mastella, rimasto incredibilmente sino al 2004 giornalista Rai in aspettativa e da allora pensionato a 2.500 euro al mese.

 Assunto alla Rai di Napoli nel 1973 in quota sinistra Dc, Mastella conserverà l’incarico per quasi trent’anni, nonostante sia parlamentare dal 1976, prima in qualità di portaborse e poi di responsabile dei rapporti con la stampa di Ciriaco De Mita, padrone d’Italia dal 1982 al 1989, in un periodo storico in cui veniva adulato dai mercati internazionali, che manco Monti, con titoli come quello dell’Economist: «When De Mita presides, everybody sits up».

 Il doppio incarico è presto spiegato: Mastella è stato anche uno dei primi peones del parlamento italiano, ovvero uno di quei deputati che, come i contadini messicani, covavano la rivolta sotto il sombrero ed ecco perché questo rancore venne parzialmente sopito nel suo caso con un posto fisso alla Rai che non si negava e non si nega a nessuno. Il termine di peones si riferiva in particolare all’immagine del deputato dc medio, il pendolare del Parlamento che sbarcava a Montecitorio il martedì mattina e ripartiva il giovedì pomeriggio, arruolato a malincuore in una qualche corrente, abbandonato a sé stesso nella palude del Transatlantico ad aspettare le decisioni dei capi supremi.


È in questo contesto – prima, quindi, che spiccasse il volo come scudiero di Ciriaco – che il regista Claudio Racca lo intervista nel 1979 per il documentario Tutti gli Uomini del Parlamento, versione filmata dell’omonimo libro inchiesta del giornalista dell’Espresso Guido Quaranta (guarda il video). Nel 1978, durante le votazioni per il presidente della Repubblica, Clemente Mastella tenne per Panorama un diario di quei giorni, lamentando «la frustrazione e la noia del parlamentare anonimo». Scrive in terza persona: «Mentre i capi decidono chi mandare al Quirinale i peones si sfogano organizzando partite di calcio tra parlamentari e funzionari della Camera. Mastella si compra la maglietta con il rimborso spese per la presenza prolungata. I comunisti ci hanno fatto sapere che non verranno per evitare commenti malevoli sull’attività dei grandi elettori. A noi non sembra così scandaloso giocare a calcio, visto poi che le trattative le conducono i leader e noi nemmeno votiamo. Faccio autogol, ma poi riusciamo a pareggiare. Avvilenti le votazioni: molti miei colleghi vanno solo alla seconda chiamata, vogliono che il loro nome sia ripetuto due volte in tv. Pensano che serva da pubblicità. Sconfortante il finale. Ho già prenotato il treno per tornare a Benevento. La cerimonia del giuramento me la vedrò in tv. Non sarà molto diverso dal modo in cui ho visto tutto il resto».


Poesia a rischio lacrima quella di Mastella e anche profeticamente anticipatoria, se messa al confronto con gli sproloqui degli «impresentabili» di oggi, tendenza Scipoliti e Cosentino.
 Il documentario di Racca rimane però un reperto prezioso per un altro motivo, perché mostra per la prima volta «il lato umano» dei politici e di come nascono queste discutibili operazione simpatia cui fanno ricorso tuttora per ingraziarsi il voto degli elettori. E’ tutt’un “programma” infatti vedere Mastella mai così a suo agio con la sua gente (quel sua è qui inteso come proprietà), mentre gioca a bocce, stringe mani e sorride a tutti in compagnia della bella moglie Sandra. A San Giovanni a Ceppaloni, il suo borgo natìo, arriveranno a frotte negli anni ‘80 sulla strada a quattro corsie per Napoli, ribattezzata dai maligni «la Mastellese», persino i Ricchi e Poveri, Mino Reitano e ovviamente sua Pippità in persona Baudo, amico di tressette di Ciriaco e dell’altro membro del «clan degli avellinesi» Biagio Agnes, all’epoca plenipotenziario direttore generale della Rai.

Fu allora che le «truppe mastellate» diventarono un modo di dire. La prima apparizione risale al 1982, la mattina dell’intervento con cui De Mita accetta la candidatura a segretario contro Forlani. Gradinate piene se ne erano già viste. Ma quell’esodo biblico, mai. Scrisse Giampaolo Pansa su Repubblica: «Quella calata da Avellino, da Benevento, da Salerno non è un’armata, bensì un complesso di armate, un super-esercito. Spedito alle Falkland risolverebbe la questione in quattro e quattr’otto. All’Eur sfilano i carriaggi, e l’italica motorizzazione si presenta in tutto il suo fulgore: pullman, corriere, bedine, familiari, furgoni, decapottabili, spider, fuoristrada, treruote…». A organizzare la calata era stato Mastella, fino a quel momento conosciuto dai cronisti del Transatlantico come battutaro impareggiabile, utilissimo per riempire le pagine bianche e poco più. Ma l’invasione dell’82 fa storia. E nei congressi successivi la prodezza si ripete. Nel 1986, al congresso dell’apogeo di De Mita arriva mezza Campania. Il parterre è pieno di vip, ci sono Ida Di Benedetto, Enrico Montesano, Christian De Sica e la ballerina Heather Parisi, ben vista a piazza del Gesù. Ma i cronisti sono attratti soprattutto dalla fila di torpedoni che si arrampica fino al Palaeur. Sono i mezzi di sbarco. Le forze speciali di Mastella: le truppe mastellate. Nelle tribune del Palaeur sventolano bandiere e striscioni: «Osiamo da sempre con De Mita». Ceppaloni plaude alla riconferma di De Mita, e per forza, è il comune di cui è sindaco Mastella.

Mastella è l’incarnazione del centro ovvero di colui che non può pencolare a destra o a sinistra, perché la vera forza è sempre quella centripeta, che poi a centrifugare ci pensa lui con compromessi, lottizzazioni, capriole, giravolte e salti della quaglia. Sopravvissuto a Tangentopoli, Mastella come tutti i DC2 ha costituito poi il suo partitino dell’Udeur, ma a differenza di Buttiglione, Bianco, Follini di lui ci si ricorda ancora: non solo perché è ancora coraggiosamente candidato per queste politiche del 2013 con il simbolo Udeur – Popolari per il Sud, non solo e due per per via delle sue esibizioni musicali ai “Raccomandati” attorniato da squinzie in quota centrodestra, ma per il ricordo sconvolgente dell’indulto, promulgato come Ministro della Giustizia, durante il secondo esecutivo di Romano Prodi che lo stesso Mastella concorrerà a far cadere nel 2008.

Tutt’altra storia è quella di Emma Bonino che, pur essendo rimasta barricadera irriducibile, ma con retroterra borghese-sabaudo, inaugura la politica spettacolo con la storica Tribuna Politica del 1978, in cui assieme a Marco Pannella si fa riprendere legata e imbavagliata dalle telecamere restando in silenzio per oltre 20 minuti (guarda il video). Sarebbe troppo semplicistico e manicheo collocare Mastella nel girone dei cattivi e la Bonino in quello dei buoni, perché anche lei è una professionista della politica, avendo accumulato incarichi grazie all’appoggio ambivalente dato e ricevuto da governi di destra e sinistra, esattamente come Mastella. Tempi distanti anni luce da quelli in cui si racconta con pudore e serietà sempre nel documentario di Racca, sottolineando le condizioni difficili in cui si trova a operare una donna che fa la parlamentare (guarda il video). Non poteva ancora immaginare la Bonino che un giorno avrebbe osato candidarsi addirittura come Presidente della Repubblica nel 1999, con il memorabile slogan transgender «Vota l’uomo giusto», e che poi a entrarci davvero come prima deputata transgender in Parlamento ci riuscirà nel 2006 Vladimir Luxuria.

 

twitter@LucaMartera 

 

(Nella foto Clemente Mastella ed Emma Bonino)