Pubblicato il 13/02/2013, 15:33 | Scritto da La Redazione

FABIO FAZIO È BRAVO E NON DEVE DIRE “GRAZIE” A NESSUNO… FORSE

Il nostro blogger-verificatore ha scovato un video esclusivo del 2001 dove il conduttore del Festival lancia la campagna elettorale di Massimo D’Alema a Gallipoli.

«Guardatelo che bello. Ha tutti i capelli veri, non sono disegnati, sono tutti neri!». Usa proprio queste parole Fabio Fazio per introdurre al Festival di Gallipoli del 2001 Massimo D’Alema al popolo abbronzato e rilassato del suo collegio elettorale (guarda il video). Sarebbe sin troppo facile ironizzare su questo peana, ma Fazio è abituato alle critiche sin da quando decise che da grande voleva fare Pippo Baudo, non sapendo o potendo fare altro di più interessante. La figura del presentatore è infatti un’invenzione squisitamente italiana: per dire «ecco a voi» ancora oggi nella televisione americana si fa ricorso alla voce fuori campo perché a fare lo spettacolo ci pensano gli artisti veri e non i raccordatori di cantanti-comici-ballerine.

Fabio Fazio, in realtà, nasce come artista e appartiene alla sottocategoria degli imitatori al naturale, cioè senza trucco. Pertini, Troisi, Benigni, Grillo, Govi erano i suoi cavalli di battaglia ed è grazie a queste imitazioni, evidentemente di noschesiana bravura, che riuscì ad aggiudicarsi il premio Un volto nuovo per gli anni ’80. Da questo concorso, promosso da quel grandissimo talent scout di Bruno Voglino, uscirono fuori anche Enzo Iacchetti, Giorgio Faletti e Piero Chiambretti, ma chi più chi meno per tutti la gavetta fu ancora lunga e faticosa.

Tenuto a battesimo da Raffaella Carrà, che lo volle ospite nel 1983 per qualche puntata nel suo salotto del mezzogiorno (guarda il video) di Pronto Raffaella?, per Fabietto seguiranno anni di panchina e di rubrichette. Dalla Tv dei ragazzi di Jeans 2 dove attira l’attenzione solo per aver invitato una bonissima Moana Pozzi, che fa infuriare le telecasalinghe a Forza Italia (si chiamava proprio così), talk show su Odeon Tv di fine anni ’80 con Walter Zenga e Cristina Parodi, che cercava di fare concorrenza al processo di Biscardi, poi il passaggio a Tmc con T’amo Tv dove si ritroverà nel cast assieme all’arcinemico Daniele Luttazzi e finalmente l’approdo sulla Rai3 di Angelo Guglielmi, dove comincerà a costruire il suo personaggio garbato e progressista col cuore a sinistra e il portafoglio a destra. Pesce fuor d’acqua nella rete rossa di Piero Chiambretti, Paolo Rossi, il gruppo di Avanzi, Fazio fa le prove generali con il quiz Porca Miseria! che mette a confronto famiglie italiane sul costo della vita, riuscendo a far parlare di sé per aver portato in studio nel 1992 la prima coppia gay italiana da lui definita “provocatoriamente” famiglia di fatto.

Lo attende ancora qualche anno di purgatorio, dove però ha modo di mostrare la sua vera natura di cattivo in Diritto di replica, un gioiellino di format con il compianto Sandro Paternostro, poi finalmente il boom con Quelli che… il calcio, dopo spodesta dalla conduzione Marino Bartoletti, quindi il revival nostalgico di Anima mia sulla Rai2 di Carlo Freccero e la consacrazione nazional-popolare a Sanremo con la conduzione delle due edizioni del 1999 e 2000.

Per questioni non meglio chiarite con i vertici di Viale Mazzini Fazio lascia la Rai e nell’aprile 2001 fa jackpot: l’ad di Telecom e grande amico di Massimo D’Alema Roberto Colaninno lo assume come volto di punta della neonata La7 per presentare il suo show in stile David Letterman. A maggio Silvio Berlusconi vince le elezioni, il duopolio televisivo (leggasi monopolio) deve rimanere tale e l’ordine è: «La7 deve morire nella culla». Il passaggio di proprietà di Telecom a Marco Tronchetti Provera risolve la questione: La7 non andrà mai oltre il 5 per cento di raccolta pubblicitaria, non intaccando minimamente le casse di Rai e Mediaset. Per soli quattro mesi di lavoro, tra liquidazioni e penali, Fazio porta a casa 28 miliardi di lire.

I soldi però non gli bastano e coglie l’occasione per farsi martirizzare, ma solo un po’, denunciando la mancata ospitata nello show di Fiorello del 2002 per motivi politici. Le vele tornano a gonfiarsi nel 2003 quando la Rai acquista il format di Che tempo che fa che avrebbe dovuto condurre su La7. Parlare di format è improprio dato che si tratta di un talk show basato solo su interviste e interventi comici, ma sulla genesi di questo decennale programma è interessante andarsi a riascoltare le interviste del 2007 a Loris Mazzetti e Marco Bassetti, rispettivamente dirigente di Raitre e presidente della Endemol, i quali spiegano perché la Rai non può produrre in casa un format del genere, con buona pace della sbandierata valorizzazione delle risorse interne (guarda il video).

Un programma dura dieci anni se sei bravo e Fazio lo è perché come Paolo Bonolis usa la bocca per parlare con il pubblico e gli occhi per inviare messaggi ai suoi amici e nemici. A differenza di Bonolis, Fazio però sa gestire meglio lo sdoppiamento persona-personaggio perché la sua ipocrisia è più elegante e meno trash di quella del Paolino nazionale che deve districarsi tra interviste a serial killer, imitazioni patetiche di Sordi e Totò e doppisensi della vita. Fazio è invece davvero più cattivo e furbo, poiché delega la polemica mediatica ai Saviano e alle Littizzetto di turno, ritagliandosi il ruolo di moderatore-spalla grazie al quale è riuscito addirittura a ottenere il premio È giornalismo conferitogli nel 2007 dai venerati maestri Montanelli-Biagi-Bocca.

Si diceva, Fazio è bravo e non deve dire grazie a nessuno. Si dice anche che un vero giornalista – e tale devono averlo considerato quelli della triade succitata – non dovrebbe prendere nemmeno una tazzina di caffè con un politico, ma a giudicare dallo spudorato video iniziale che inneggia a D’Alema leader del Salento si direbbe che Fazio sia arrivato all’ammazzacaffè. Ne è prova, a scanso di equivoci, anche l’ospitata affettuosa dell’ex Presidente del Consiglio nella puntata di Che tempo che fa dello scorso 23 dicembre. «Massimo… Massimo…», lo chiama per nome Fazio, chiedendogli se volesse fare come Berlusconi da Giletti, e far finta di andarsene. «La domanda è difficile però resto lo stesso…», ha risposto scherzando. Curioso il destino. D’Alema alla fine degli anni ’70 è stato presidente della FGCI (Federazione Giovanile dei Giovani Comunisti), negli stessi anni Fazio, da studente modello, era rappresentante di una lista di destra moderata che si contrapponeva alla Fgci dei giovani comunisti in quel di Celle Ligure, dove è nato e vive tuttora.

 

twitter@LucaMartera

 

(Nella foto Fabio Fazio)