Pubblicato il 18/01/2013, 09:41 | Scritto da La Redazione

GUZZANTI MANGIAPRETI: L’AIART RITIRA LA QUERELA CON “GAFFE”

Il nostro blogger-verificatore ha fatto il focus sulla questione Aiart-Guzzanti, e si chede: «Può ancora fare notizia una denuncia per offesa alla religione cattolica? La risposta è sì, ma solo se vengono rispettate certe condizioni».

 

Può ancora fare notizia una denuncia per offesa alla religione cattolica? La risposta è sì, ma solo se vengono rispettate certe condizioni

L’offesa deve essere pronunciata in prima serata su un canale nazionale seguito da largo pubblico e chi la pronuncia deve essere sufficientemente famoso. Deve aver fatto questi due calcoli Luca Borgomeo, presidente dell’associazione dei telespettatori cattolici Aiart, che ha preso carta e penna qualche settimana fa puntando il dito contro il personaggio di Padre Pizarro interpretato da Corrado Guzzanti in Recital, spettacolo teatrale già andato in onda su Sky. Lo spettacolo è quindi una replica ma evidentemente i pochi spettatori di Sky non valgono quanto i milioni di quelli de La7 e quindi l’atto dovuto di Borgomeo, che riempie così il vuoto delle denunce contro le aberrazioni della tv lasciato scoperto dal Moige, l’Osservatorio dei Minori e qualche parlamentare, soprattutto di centrodestra, con la fregola dell’indignazione.

Non sappiamo se Borgomeo abbia frequentato uno di quei corsi dove insegnano che per trasformare in “breaking news” le attività della tua associazione – e quindi giustificarne l’esistenza per pigliare un po’ di soldi pubblici – devi cominciare ad “alzare il tiro” per finire “nella bufera” o “nel mirino”. Il problema semmai è di quei media che amplificano le gesta del querelante che, prima di ricevere cotanta visibilità gratis, dovrebbe essere sottoposto a un esame per dimostrare realmente di sapere di che cosa sta parlando.

 

Fatto sta che oggi lo stesso Borgomeo in una nota ripresa dall’Adn Kronos comunica di aver ritirato la querela contro Guzzanti,  il quale ha “chiesto scusa a Dio, agli uomini e ai telespettatori per le offese al sentimento religioso, che avevano suscitato le nostre proteste”. In realtà chi ha visto l’intervista di Filippo Roma a Corrado Guzzanti, andata in onda domenica scorsa durante Le Iene, ha visto il comico romano tutt’altro che pentito e contrito e ciò conferma la doppiezza dell’Aiart che ha fatto un passo indietro, travisando pateticamente il verbo di Padre Pizarro.

Non è la prima volta che Corrado Guzzanti affronta gli strali della critica clericale. Nel 2001 gli procurò qualche guaio l’imitazione di Padre Pio nello show satirico di Raidue L’Ottavo Nano. In una serie di sketch in compagnia di Giobbe Covatta, Francesco Paolantoni e Neri Marcorè, Guzzanti ironizzava sulla guerra santa dell’audience tra Raiuno e Canale 5 a colpi di fiction sul Santo di Pietrelcina. La parodia non fu però capita da molti fedeli e Guzzanti fu molto onesto nell’ammettere che forse non era stato così bravo nel “far capire l’oggetto della satira” (guarda il video). Nello stesso programma Guzzanti faceva debuttare anche il personaggio di Padre Pizarro, che ricorda un po’ il socialista di dio Gianni Baget Bozzo, ma all’epoca nonostante le ironie sulla croce-gadget non ci furono proteste.

Scherza coi fanti ma lascia stare i santi. In un paese a sovranità limitata come l’Italia, la chiesa cattolica apostolica romana è da sempre il potere per eccellenza, avendo praticamente inventato  nei suoi duemila anni di storia tutte le forme di controllo sul corpo e la mente dei fedeli. Una religione che usa la politica, il sesso e la morte fa concorrenza di fatto ad ogni buon comico ed è per questo che la chiesa ha sempre temuto gli attori, e in particolare i giullari, non ritenendoli degni di sepoltura nelle terre consacrate.

Nella storia dello spettacolo italiano, Paolo Poli e Dario Fo sono i primi due artisti italiani ad aver usato lo strumento della satira per colpire le gerarchie ecclesiastiche. Lo hanno fatto anche in tv, il primo con Babau (realizzato nel 1970 ma trasmesso nel 1975) e il secondo con Mistero buffo andato in onda sulla Rete Due nel 1977. Prima di loro, il massimo che si poteva osare era l’imitazione di Padre Mariano da parte del grande Alighiero Noschese. La censura del potentissimo direttore generale della Rai Ettore Bernabei non lasciava scampo: persino per promuovere il film La moglie del prete a Canzonissima ’70, fu imposto alla protagonista Sophia Loren di non pronunciare mai il titolo del film.

Gli anni Ottanta sono quelli del Wojtylaccio di Benigni, del Pap’occhio di Arbore accusato di fare “propaganda dell’ateismo”, del vilipendio di Massimo Troisi che interpreta la Madonna nell’Annunciazione ma soprattutto delle minacce di morte ad Andy Luotto e al Trio Solenghi-Lopez-Marchesini per aver osato dileggiare l’Islam, il primo nei panni dello sceicco arabo Harmand e il secondo alle prese con la parodia dell’Ayatollah Khomeini (guarda il video). Viste allora ed oggi, sono ovviamente parodie innocue ma chi tocca l’Islam muore, come purtroppo è avvenuto nelle piazze di Gerusalemme, Damasco, Beirut, Bengasi e Teheran in seguito alla pubblicazione nel 2006 delle vignette anti-Islam sul quotidiano danese Jyllands-Posten e più recentemente a causa della pubblicazione in rete del cortometraggio L’innocenza dei musulmani del 2012.

Per tornare all’Italia degli ultimi anni, l’elezione a pontefice di Joseph Ratzinger scatena la fantasia dei comici e consegna alla storia un titolo del Manifesto particolarmente indovinato Il pastore tedesco. Fiorello, Maurizio Crozza e Luciana Littizzetto prendono di mira Benedetto XVI, il segretario bello e dannato Padre Georg e il cardinale Tettamanzi ma nessuno raggiunge la forza d’urto di Guzzanti-Padre Pizarro che, in uno dei passaggi più contestati, parla di aborto in questi termini: “Guarda a noi ci interessa proprio la vita dal concepimento alla nascita, già un quarto d’ora dopo non giene frega più niente a nessuno”. (guarda il video)

La battuta, in realtà, è del grande comico americano George Carlin che Daniele Luttazzi e lo stesso Guzzanti conoscono molto bene ma quest’ultimo almeno si è limitato ad omaggiarlo con una sola battuta. A proposito di Luttazzi, val la pena ricordare che il suo Decameron fu sospeso alla fine del 2007 dal direttore di La7 Antonio Campo Dell’Orto per l’annunciata puntata sui contenuti dell’enciclica di Ratzinger, ma si disse che lo stop fu causato ufficialmente da una battuta contro Giuliano Ferrara, opinionista di punta della rete.

Nel 2013 la denuncia dell’Aiart fa il paio con quella dell’Uaar (Unione Atei Agnostici Razionalisti) che chiede la sospensione del programma Voyager di Raidue basato su un numero esorbitante di panzane che avrebbero sì tutto il diritto di essere ascoltate, ma forse sarebbe meglio su qualche network commerciale non finanziato con i soldi pubblici.

A proposito di laicità dello stato, val la pena, in conclusione, riascoltare l’intemerata dello stesso Corrado Guzzanti, per una volta in versione “seria” il quale, nel dicembre 2003 in occasione della manifestazione Ora basta! organizzato dal movimento dei Girotondi, si produsse in una lunga e appassionata difesa della libertà di informazione e dei valori della democrazia, da lui definita appunto come “un embrione congelato”. Tutte cose “sacrosante” e ovvie ma che a distanza di 10 anni suonano tristemente ancora inapplicate. (guarda il video)

 

twitter@LucaMartera

(Nella foto, Corrado Guzzanti)