Pubblicato il 05/11/2012, 15:05 | Scritto da La Redazione

OMAGGIO AI NAPOLETANI, DOPO LA GAFFE DEL GIORNALISTA RAI

OMAGGIO AI NAPOLETANI, DOPO LA GAFFE DEL GIORNALISTA RAI
Il nostro blogger-verificatore dedica il post di oggi a Napoli, attraverso alcuni video imperdibili. In risposta a Giampiero Amandola, che aveva detto in un servizio tv «I napoletani li riconosci dalla puzza». Sono passate due settimane da quando il giornalista della sede Rai del Piemonte, Giampiero Amandola, è stato sospeso per aver firmato il servizio […]

Il nostro blogger-verificatore dedica il post di oggi a Napoli, attraverso alcuni video imperdibili. In risposta a Giampiero Amandola, che aveva detto in un servizio tv «I napoletani li riconosci dalla puzza».

Sono passate due settimane da quando il giornalista della sede Rai del Piemonte, Giampiero Amandola, è stato sospeso per aver firmato il servizio relativo alla partita Juventus-Napoli, andato in onda sabato 20 ottobre. Giudicato dai vertici di Viale Mazzini «inqualificabile e vergognoso», il servizio ha suscitato un putiferio per le dichiarazioni dei tifosi bianconeri che hanno espresso una serie di apprezzamenti improntati al più rigoroso fair play nei confronti dei supporter partenopei: dal poetico «Vesuvio lavali col fuoco» al sociologico «I napoletani sono ovunque, quindi non è che possiamo considerare Nord, Centro e Sud, sono ovunque, un po’ come i cinesi», sino al lombrosiano, questo pronunciato però dal giornalista, «I napoletani li riconosci dalla puzza».

Quest’ultimo si è difeso il giorno dopo, affermando che si è trattato di un equivoco e che la battuta sui napoletani era per irridere ai cori volgari e razzisti. A stabilirlo sarà una commissione interna della Rai che ha già sospeso Amandola e avviato un procedimento disciplinare a suo carico. A distanza di due settimane dalla “gaffe”, dovuta probabilmente a una mancata supervisione del montaggio del servizio, le sue scuse non hanno ancora placato il furore contro il video razzista. Sul web non c’è tempo per i processi e il verdetto di condanna è stato già emesso nei confronti di Amandola, come qualche anno fa accadde a Daniele Luttazzi, accusato di plagio “sistematico” con un video di 40 minuti che accostava le sue esibizioni con quelle dei suoi colleghi americani e inglesi dai quali aveva copiato le battute.

I napoletani non hanno ovviamente bisogno di alcuna difesa d’ufficio e a chi contesta loro gli annosi problemi della camorra, della «munnezza”» e dei troppi Saviano denunciatori di turno, la risposta è una sola: «Passione». Come il titolo che l’attore italo-americano John Turturro ha dato al suo documentario del 2010 sul soul napoletano, dimenticandosi però colpevolmente di inserire Roberto Murolo nella sua persona galleria di ritratti musical-antropologici.

Peccato che Amandola prima di confezionare il suo servizio di routine – che si è tramutato in un beffardo scherzo del destino – non abbia visto questo film. Forse però avrebbe potuto guardare con più facilità in casa Rai e scoprire chi sono i napoletani secondo Federico Fellini, che ne dà la splendida definizione di «secrezioni diamantifere», in una memorabile puntata di Blitz del gennaio 1983. Memorabile perché è la stessa puntata che andò in diretta da Cinecittà e nella quale Gianni Minà intervistò a lungo il maestro riminese sul set di E la nave va e poi nel teatro di posa accanto Sergio Leone e Robert De Niro sul set di C’era una volta in America (qui il video).

L’amore di Fellini per la città di Totò, Eduardo e Pulcinella non cancella tuttavia il secolare scontro Nord-Sud che risale all’Unità d’Italia «quando gli albanesi eravamo noi» e il razzismo si è sempre ripresentato sotto varie forme in tutte le epoche. Prova ne è anche questo straordinario documento, tratto dal primo talk show in diretta della Rai dal titolo Faccia a Faccia del 1968, nel quale il conduttore Aldo Falivena mostra al pubblico le foto con le scritte ingiuriose che i piemontesi dedicavano ai meridionali emigrati (qui il video).

L’omaggio a Napoli di questo speciale post del Verificatore si conclude con una chicca davvero sensazionale. Solo gli storici della settima arte sanno che il cinema italiano muto dei pionieri era un’industria affermata che non aveva niente da invidiare a Hollywood. Torino (guarda caso) e Napoli erano le capitali del cinema italiano e curiosamente nel capoluogo partenopeo si sviluppò un filone particolare di film legati ai movimenti migratori,da e per gli Stati Uniti. Nel 1924, il regista Eugenio Perego realizzò Vedi Napule e po’ mori!, facendo già del meta-cinema perché raccontava la storia di Billy, produttore cinematografico americano, che giunge a Napoli per le riprese del suo film e per la parte di protagonista sceglie Pupatella, figlia di un’umile famiglia di pescatori. Pupatella è Leda Gys, diva del muto della stessa caratura di Francesca Bertini, mentre suo fratello è interpretato da un ancora adolescente Nino Taranto (qui il video).

La pellicola, prodotta dalla Lombardo Film (la futura Titanus), è persino a colori, con una gran varietà di virati, e rimane importante anche per la commistione con il genere documentario perché mostra le immagini rarissime del Festival di Piedigrotta in versione fascista del 1924. A raccontare la storia del film e contestualizzarne il periodo, nella stessa clip, è la docente e storica del cinema Giuliana Muscio, autrice del libro Piccole Italia, grandi schermi sul cinema dei migranti italiani negli Stati Uniti, assieme a Vito Zagarrio, curatore del Roma Tre Festival, l’annuale rassegna dedicata alla ricerca scientifica sul cinema, il teatro, la musica e la videoarte.

 

twitter@LucaMartera

 

(Nella foto Giampiero Amandola nel servizio del Tgr Piemonte incriminato)